Rassegna storica del Risorgimento
BIBLIOTECA DEL SENATO PERIODICI; PERIODICI INDICI
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1968
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Libri e periodici
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prende se non Botto una luce politica, giustificata da una particolare titolazione ea cui si sarebbe dovuto far lume (la difesa delle società anonime, così affine al non meglio precisato atteggiamento di Cenala che Carocci ha seguito con tanta attenzione per le convenzioni dcll'85) ed esasperata dall'insistenza di Renani per la riforma elettorale. Cosi dicasi ancora per il giudizio dì fondo, che a me pare troppo drastico ed un po' moralìstico, sul primo ministero Dcpretis, che è bensì quello delle enormezze di Nico-tera (ma i progetti sulla pubblica sicurezza e sulle incompatibilità parlamentari sono pur suoi, e su argomenti che avvertiamo ancor oggi penosamente scottanti) ma anche quello dell'avviamento di alcune riforme fondamentali, primissima quella elettorale, che non si comprenderebbe certo nella sua genesi senza il precedente della legge Ceppino. E. quanto a Zanardelli, le sue sollecitudini per le linee bresciane e la sua negligenza per la lìnea di Reggio, che, bene o male, affrontava un problema secolare come quello dell'isolamento della Calabria, non stanno certo a testimoniare una vi* sione nazionale del problema atta a soverchiare e svuotare l'indubbio regionalismo ringhioso di Nicotera. E non si parla del modo approssimativo e superficiale onde si affrontano le questioni del Tevere e dell'Agro Romano (sulle quali il lavoro di Caracciolo avrebbe potuto fornire all'A. utili motivi di sviluppo). E che dire ancora del conflitto con Baccarini, una faccenda tecnica che però attiene anche al terreno politico, su cui l'A. non ci è di molto aiuto, prescindendo tra l'altro, qui ed in seguito, dalla corrispondenza dell'uomo politico romagnolo con Ferini di recente studiata? Ci sembra insomma, per non proseguire in una fastidiosa elencazione, che manchi qui un nucleo interpretativo adeguato atto a districare la rete fittissima di notizie e di citazioni, a sviscerarci, ad esempio, quella contrapposizione tra le forze economiche sostenenti Depretis e Nicotera ed un onesto avvocato lombardo la quale, enunciata in tal modo, ricalca involontariamente uno schema moralistico, come tale del tutto lontano dalla realtà storica delle forze in contrasto. Felicissimo come riesce l'A. nel delineare i motivi ed i retroscena del ritiro di Zanardelli e Doda dal primo gabinetto Depretis (forse il risultato migliore dell'opera, con quell'esemplare contrasto tra valutazione sociale e finanziaria di un ingente problema economico) è da deplorare che egli non abbia più spesso approfondito l'indagine, quasi temesse di contaminare l'eroe vedendolo collegato, per esempio, ad un banchiere milanese od a un armatore ligure.
Sul soggiorno di Zanardelli a palazzo Braschi ci siamo espressi a sufficienza e non giova ripeterci. Libertà educatrice intitola l'A. questa sezione del lavoro, e si tratta di definizione penetrante se intesa nei suoi pregi ma anche nei suoi limiti, il limite, ad esempio, che lo smagato Depretis aveva probahilmente ben presente definendo allo stesso modo l'attività dì Cavallotti nei comizi pel suffragio universale. Di tal limite, viceversa, a parte gli internazionalisti, dove l'irrigidimento del Nostro è tanto sintomatico quanto vistoso, l'A. non sembra consapevole appieno. E perciò la sua linea difensiva, pienamente accettabile (ma purché convenientemente arricchite: nel ministero la < finanza democratica di Doda era l'elemento più caratterizzante in senso polemico ed avanzato, la funzione frenante e e centrista di Baccarini evidentissima, la presenza di De Sanctis non del tutto trascurabile e qui non se ne fa parolai) perde considerevolmente di vigore. Il problema delle aperture a destra, che sono innegabili* fino ad aver autorizzato il Carocci a parlare di connubio Sella-Cairolì in senso pretrasformista, non è per nulla accennato, in modo da irrigidire l'intero tentativo in una linearità coerentissima che esso non ebbe né poteva avere (e non parliamo del congresso di Berlino e dell'irredentismo, che avrebbero meritato qualche meno fuggevole accenno, se non altro per rendersi conto dei reiterati sbandamenti dell'estrema). Ed anche qui vi è motivo di rimpianto, ove si rifletta alle pagine eccellenti che l'A. dedica alle ipotesi e speranze d'un inserimento dei cattolici nella vita pubblica in conseguenza della politica liberale del ministero, ovvero ai motivi ispiratori (che vengono però, al solito, piuttosto enunciati con lode che discussi a fondo) della riforma elettorale che prese nome appunto dallo Zanardelli (ma ebbe i radicali come custodi cani da guardia ed autentici protagonisti politici).
Una tesi ottima su un tema di prinx'ordine, insomma, materiale sovrabbondante, conclusioni di massima esatte* eppure il libro, forse per programmata modestia, forse