Rassegna storica del Risorgimento
GARIBALDINI; GUERRA DEL 1866; PERSIANI CARLO TOMMASO
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1969
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Leonida Bulestreri.
riprendere un'altra montagna peggiore ancora della prima, alle falde della quale giunti, e trovato un ruscello, ci dissetammo con nostro gran piacere a rischio però di qualche malattia. Il nostro Maggiore vedeva da quel posto il paese e col cannocchiale distìnse i tedeschi che si schieravano sulla montagna. Consideralo forse che era tempo perduto il tentare di prendere quella posizione* anzi era impossibile, ci fece rifare il cammino: si andò come si potè: era dal giorno innanzi che si marciava, eravamo stanchi e senza forze. Si ritornò a Idro dove fummo accampali. Primo pensiero di tutti fa di sdraiarci e poiché arrivarono i viveri, e ci furono distribuiti, li divorammo, per darci poi ad un sonno che durò fino al mattino. Il luogo dove ci trovavamo era tetro, un ponte, una casa che esercitava da osteria, ed una catena di montagne erano le sole cose che si vedevano. Il piccolo Iago d'Idro largo forse 100 metri e della lunghezza forse di 2500 non presentava nulla di dilettevole, anzi le sue sponde tranquille, dove l'acqua non cambiava mai, erano malsane, il dormir a quelle vicino, non potendo altrimenti, ci avrebbe potuto essere di danno: fortunatamente nessuna malattia si divulgò atteso forse la nostra breve fermata in quel luogo.
3 Luglio. La mattina del tre di luglio eravamo ben riposati e desideravamo marciare avanti: fummo esauditi. Alle 3 ant. suonò come al solito la sveglia, fummo in piedi: era notte buja, eravamo impoltroniti, seduti qua e là come gente vagabonda colla pipa ai denti, a sentire chi le contava più grosse, quando a poco a poco si fece giorno: fu distribuito il caffè, ma che caffè!
Verso le 5 ant ecco venire a noi una carrozza, una voce sola corse allora fra noi, è il Generale, è il Generale; di subito eccoci tutti accorrere agli schioppi, metterci in fila pronti a presentare le armi a quegli che ci inspirava tanta confidenza: egli ci è dinanzi, si ferma, noi sul presentat . Chiama il nostro Maggiore; che egli a lui dicesse niun l'udì, si trattenne pochi momenti, quindi prosegui e noi contenti averlo veduto. Via lui suonò assemblea per la 1" e 3" compagnia: fatto l'appello, ci mettiamo in marcia: erano le 6 circa. Dove si va? e la generalità: a batterci. Di meglio non desideravamo, eravamo troppo entusiasmati. Si arriva al paese di Anfo di 1000 circa abitanti, si prosegue e si entra nella Rocca d'Anto, nome appropriato, perché la montagna che sembra veramente una rocca è fortificata con bastioni dalla sommità al lago. Posizione forte visto come è scosceso il monte. Ci fanno salire alla torre superiore (erano le 7 circa) e là vedemmo il Generale che diede le opportune disposizioni: il nostro capitano, sentito che si doveva marciare avanti per via di montagna, disse al Generale che eravamo privi di viveri, ed avremmo più tardi sentita la fame: non importa (disse il Generale ed udimmo le sue parole), là abbasso c'è il lago per chi ha sete; si sazino coloro che non vogliono proseguire e si fermino; vada chi vuol seguire il Generale. Nessuno a queste parole anche ammalato si sarebbe fermato; si prese la via di montagna. Eravamo circa 150 uomini, avvegnaché la 3n compagnia ebbe ordine di passare da un'altra parte.
I sentieruoli per cui si doveva transitare erano angusti ed in certi punti nemmeno segnati per la poca frequenza di persone che da quelli passavano: la costa del monte ci serviva di guida; in quella marcia ebbimo agio a mangiar molte fragole che vi erano in quantità e servivano di accompagnamento a un po' di pagnotta per chi ne aveva: la maggior parte ne erano privi. Verso ti mezzogiorno si fece un po' di riposo; eravamo in vista della fortezza, vedevamo il lago ed il paese di Sant'Antonio in cima di quello occupato dai