Rassegna storica del Risorgimento
GARIBALDINI; GUERRA DEL 1866; PERSIANI CARLO TOMMASO
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1969
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Leonida Baletreri
quali Bellegrandi, Toncini, Fazio, Soinniariva ecc.1) La compagnia era di circa 110, molti essendo rimasti indietro per la lunga marcia. Molti dei Rossi furono i morti e molti i feriti; era cosa compassionevole il veder tanta gioventù languire per gli atroci dolori di qualche ferita. Vedemmo un tale dall'apparenza di buona famiglia, morto, e che teneva fra le mani un ritratto di due ragazze, forse sue sorelle: egli aveva una palla nel petto che gli aveva forate tutte le lettere della sua famiglia: non lo sì poteva guardare senza commozione.
Ritornammo senza più. poterci reggere in Rocca d'Anfo, dove molti Signori Bresciani avevano posti degli uomini con acquavite da distribuirsi gratis; lutti ne prendemmo, e ci parve un balsamo. Ebbimo poi la fortuna di incontrare un artigliere che ci regalò una pagnotta, trovammo presso la nostra vivandiera mezza gallina, cotta, che pagammo due franchi e mezzo, fortunati di averla trovata, che non avevamo più una briciola di pane, ed in cinque divorammo pagnotta e gallina senza che le ossa di questa facessero resistenza ai nostri denti. Mentre eravamo seduti a mangiare, ci passa davanti portato sopra una lettiga da quattro artiglieri il Generale, ferito leggermente in ima coscia, nel combattimento: facemmo il saluto e ci sedemmo nuovamente.
Verso le 9 pomeridiane si riprende col resto della compagnia la strada di ponte d'Idro dove arriviamo a mezzanotte. Unico pensiero nostro, non potendo a quell'ora aver cibi, fu di coricarci, e si dormì come nel miglior letto del mondo.
4 Luglio. Qual soddisfazione per il soldato quando vede che dell'opera sua vi è bisogno. Suona la riunione verso le 2 pomeridiane del 4. Dalla sera innanzi ebbimo il tempo di riposarci. Freschi nuovamente ci mettiamo in cammino passando alle falde di Monte Snello dove il giorno innanzi lasciammo tanti amici, e scorgemmo della carta della cartucce nostre e nemiche sparse sullo stradale, che ivi pure la lotta fu accanita, vedendo qua e là per la strada strati rossi di sangue versato. I nostri passi erano diretti sopra Bagolino, paese di confine, distante circa 4 ore da Monte Snello, al quale Bagolino restava di fianco. Si arriva per una strada sempre in salita, alle 10 di sera, in quei paese, abbandonato la precederne notte dai Tedeschi, i quali vi commisero ogni sorta di nefandi tà.
Fummo condotti nel Castello, punto più elevato del paese, e suonò tosto il riposo. Chi volle uscire uscì, ed io cogli amici, non volendo riposare su quella paglia che la notte innanzi aveva servito di letto al nemico, scendemmo in paese in cerca di qualche cascina, la trovammo, ci coricammo e dormimmo. Alle 5 antimeridiane eravamo già alzati ed in cerca di qualche cosa per far colazione; trovammo quanto ci conveniva, e ci ristorammo con gusto tanto più che da più giorni non si mangiava che pane e formaggio. Per la verità trovammo una casa della quale la migliore non potevamo desiderare. Una bella ragazza sui sedici anni era la nostra albergalrice: avea in casa due fanciulli, 16 coabitava con un vecchio zio assente tutto il giorno per non recarsi a casa che la sera. Se mangiammo quei giorno e il giorno appresso, è inutile il
fc) Eccètto il Bellegrandi (di cui si è detto alla precedente nota 4), tutti i caduti cui il Persiani fa riferimento sono genovesi. Come si può dedurre dalla documentazione conservata presso l'Istituto Mazziniano di Genova (Cartella 86) si tratta di 6. B. Fazio, Pietro Sommarìva e Marcello Toncini. Il Toncini, che era ufficiale, è ricordato in una lapide dedicata dalla Società del Tiro a Bersaglio di Genova ai suoi Cadati, e collocata sotto il porticato del palazzo municipale.