Rassegna storica del Risorgimento

CANTONI CARLO CARTE; GROPELLO CAIROLI STORIA SEC. XIX
anno <1969>   pagina <78>
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Elena Sanasi
Dalla data appare, chiaro trattarsi della organizzazione dei nuovi corpi di volontari cai si adoperava appunto il IJertani. che costituirono le ultime due spedizioni, capeggiate dal Pianciani e dal Nicotera. È noto che, nell'in­tenzione di Garibaldi, tali corpi avrebbero dovuto operare nelle Marche* e rhe il Cavour, preoccupato di evitare un intervento diretto del Generale negli Stati Pontifici, riuscì invece a farli dirottare verso la Sicilia, e nello stesso tempo cercò di impedire che la consistenza numerica delle Camicie Rosse crescesse di troppo. A tale ultimo scopo mirava certo la severa disposizione del Governo, che proibiva l'arruolamento in qualsiasi corpo volontario ai gio­vani soggetti alla leva del '40. Tale è appunto il motivo addotto dal Cantoni, in una postilla di suo pugno alla surriportata lettera, per spiegare la propria mancata partenza. E non deve certo stupire che, a differenza dei giovani nati in Lombardia, divenuti solo da pochi mesi sudditi di Vittorio Emanuele, il Cantoni, nato e vissuto nel Regno di Sardegna, sentisse in tutto il suo vigore l'obbligo di obbedire alla legge del proprio paese.
Di assai vivo interesse è il documento seguente: una lettera di Carlo Magenta al Cantoni, scritta proprio all'indomani dello scontro di Aspromonte. Il Magenta era allora professore nel liceo di Monteleone di Calabria (l'odierna Vibo Valentia), ed altre lettere di lui al Cantoni, da quella cittadina e di quell'anno 1862, sono conservate. In esse si discorre solitamente di argomenti personali e familiari e, più spesso, di studio; questa invece, scritta sotto l'im­pressione immediata dell'infausto evento, visto da presso e con spirito diverso, fra quelle popolazioni meridionali, da quello che poteva essere nel Nord, in Lombardia o in Piemonte, è tutta dedicata al combattimento, ai suoi prece­denti, alle sue possibili conseguenze. In ciò sta, soprattutto, l'interesse di que­sto scritto, più ancora che nelle notizie riportate, frutto, evidentemente, delle voci più o meno fondate che correvano nella regione.
Monteleone di Calabria, Domenica Carissimo Carlo,
il telegrafo a quest'ora avrà portato sopra le sue ali per tutto il mondo la notizia della ferita del generale Garibaldi e della deposizione ch'egli fece della sua spada in mano del colonnello Pallavicino. Tutti gli Italiani sono per­suaso deploreranno il tristo avvenimento; e già m'immagino le dimostrazioni che a Napoli a Milano in tutte le città di Sicilia si faranno in senso contrario al governo e conseguentemente in favore dell'illustre generale. In questo istante non mi regge Vanimo di ragionare sulla politica del governo in questa sventurata contingenza; d'altronde per pronunziare un giudizio, non dirò giu­sto, ma meno erroneo è mestieri essere a conoscenza di molte particolarità importanti che fino ad oggi a noi mancano assolutamente. Quello che ti posso dire si e che le misure del governo per quanto potevano essere dolorose erano altrettanto necessarie, imperiosamente richieste dal bisogno di mantenere incolumi i poteri della Corona e della Nazione, giacché non vale Muderei, il movimento detta parte rivoluzionaria incuorata da Mazzini aveva per scopo di coronare l'edificio della nostra monarchia colla repubblica. Si, te lo dico senza tema di errare: il novello Regno d'Italia corse un pericolo che niun onesto cittadino non avrebbe neppure sognato,
l Siciliani, gente ancora feroce o per temperare la frase non ancora av~ vezza ad alcuna pubblica vita civile e facili a trascorrere la via di foga, s'erano