Rassegna storica del Risorgimento
CANTONI CARLO CARTE; GROPELLO CAIROLI STORIA SEC. XIX
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1969
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pagina
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91
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Libri e periodici 91
In lui troviamo tutti i contrasti dell'italiano del XVIII secolo: l'aspirazione mondana e l'amore degli onori con l'afflato sinceramente religioso, le aspirazioni riformi* eliche e la fedeltà alle vecchie strutture, il cosmopolitismo ed il provincialismo. FU anche studioso di storia ed archeologia, ma soprattutto un bibliofilo; nel 1755 fu nominato Bibliotecario della Vaticana.
Il suo cristianesimo era vero; forse gli aveva giovato attendere tanti anni prima di essere formalmente ordinato sacerdote; le esperienze vissute lo avevano convinto maggiormente sulle verità eterne.
Scrisse a Jean-Jacques Rousseau il 10 novembre 1759 : ... S'il n'y a point de prò* bité sans religi on, qne ne doit on pas faire pour donner des marques de l'une et de l'autre dans ses éctits cornine dans les moeurs, et par là mériter le titre d'honnete homme et de chrélien? ...
Sono accenti degni della miglior tradizione umanistica italiana ed europea: di un Ficino, di un Pico, di un Erasmo oppure di un Contarmi, di un Sadoleto, di un Pole.
Insomma era un italiano europeo ; un uomo che se fosse stato eletto papa, come alcuni opinavano, avrebbe impresso alla Chiesa una svolta importante.
GIANFRANCO E. DK PAOLI
72 Riformismo settecentesco in Sardegna. Voi. II. FRANCESCO GEMELLI, Riformismo della Sardegna proposto nel miglioramento della sua agricoltura (Testi e documenti della questione sarda, 2); Cagliari, Editrice Sarda Fossataro, 1966, in 8, p. 599. L. 5.000.
Si tratta della ristampa, in una bella veste tipografica, di un libro tipicamente settecentesco, scritto nell'età del moderato riformismo sardo-piemontese. L'edizione originale fu infatti edita a Torino nel 1770.
L'obiettivo del Gemelli era l'ammodernamento delle strutture sarde, visto attraverso la prospettiva agronomica; infatti l'autore ritiene non a torto che l'agricoltura, opportunamente curata e sviluppata (quindi sostenuta dalle classi dirigenti) avrebbe potuto riscattare gradualmente le poverissime plebi dell'isola da un secolare destino di miseria.
Dopo aver rilevato che un tempo la Sardegna era assai meglio coltivata e produceva più grano di quanto ne occorresse per il fabbisogno interno, il Gemelli affermava che al contrario, nell'epoca in cui scriveva (e nell'attuale, si può aggiungere) il prezioso cereale ricavato non bastava a mantenere la popolazione. Naturalmente i presupposti del libro erano quelli fìsiocratici, per cui l'unica ricchezza per uno Stato consisteva nella terra; pareva logico che essendo trascurata l'agricoltura sarda, ne derivassero povertà e desolazione.
Il discorso poi valeva anche per il resto dell'Italia: Quale sia Oggidì l'Italia non occorre dirlo agli Italiani, né tampoco alle altre nazioni colte d'Europa. Ognuno sa che dopo assai vicende, l'Italia spogliata ogni barbarie e ingentilita e colta, dimostrasi... popolata, a misura che più lodevolmente o meno esercita l'agricoltura.
Con accenti significativamente patriottici, lo scrittore notava, che tutto ciò ch'era utile alla vita quotidiana, ogni tipo dì suppellettile, era prodotto nel resto dell'Italia (persino le famose berrette erano confezionate sul continente, e precisamente a Napoli); motivo di più per affermare che la Sardegna avrebbe dovuto vivere in tutte le sue manifestazioni sociali, politiche ed economiche alla maniera italiana, insomma avrebbe dovuto italianizzarsi per redimersi.
Dopo aver passato in rassegna i grandi esempi storici relativi all'arte della coltiva* zione, egli passava scientificamente in rassegna l'indole, l'attività, il clima dell'isola, facendo sensate considerazioni sulle tradizioni giuridiche e sociali e sull'attitudine alla fatica e al coraggio delle genti sarde.
Allineandosi con la pubblicistica di un Gianni, di un Neri e di altri riformisti lombardi, piemontesi, napoletani e precorrendo la letteratura di un Dandolo e di un Gioia, non solo impartiva lezioni e consigli di agronomia pratica (dal modo di arare e aggiogare i buoi al modo di trebbiare il grano, dall'arte di coltivare le piante e gli