Rassegna storica del Risorgimento
CANTONI CARLO CARTE; GROPELLO CAIROLI STORIA SEC. XIX
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Libri e periodici
due temperamenti emotivi, nessuno dotato di vere qualità politiche; ma il valore del* l'istituzione, l'alta coscienza della sua missione teocratica ed il prestigio internazionale nella cristianità conferivano a Pio IX ben altre risorse, mentre Leopoldo, a parte l'impressionabilità e la devozione verso il pontefice* ne considerò indispensabile il sostegno, dapprima nella prospettiva federalistica della Lega italiana per resistere all'egemonia piemontese, quindi nella fase delle restaurazione per contrappesare e reprimere le tea* denze liberali.
Ebbene Roma subordinò nel '48 la formazione della Lega alla stipulazione di un concordato, per il quale trattò come rappresentante toscano mons. Giulio Boninsegni, pervenendo a massicce concessioni,1) sconfessate a Firenze a mano a mano che si chiariva la crisi del neoguelfismo.
Boninsegni tornò a Roma con un nuovo progetto del marchese Cosimo Ridolfi, ma il precipitar degli eventi nell'autunno 1848 fece arenare le trattative, che ripresero nel clima della restaurazione, dopo la parentesi del comune esilio a Gaeta di Pio IX e Leopoldo II.
Sospingevano ora all'accordo, oltre la paura della rivoluzione provata dal gran duca, le pressioni della Francia e dell'Austria, che diede l'esempio d'un radicale muta mento di politica ecclesiastica.
Tuttavia la resistenza giurisdizionalìstira in Toscana non venne meno e trovò uno dei massimi esponenti, efficace nella sua cautela e duttilità, in Giovanni Baldasseroni, presidente del consiglio per l'intero decennio 1849-59, il quale condusse personalmente la fase decisiva delle trattative, sfociate nel concordato del 1851.
Formulato su una linea di compromesso, questo regolò soltanto parzialmente i delicati rapporti tra Stato e Chiesa, complicati da nuove particolari controversie. Particolarmente tesa fu la situazione a Lucca, recentemente unita al granducato, il cui clero, abituato a ben altra indipendenza, non sopportava le briglie del giurisdizionaiismo toscano.
Una questione notevole, cui l'autore dedica un intero capitolo, fu quella delle minoranze acattoliche, risospinte dall'abolizione dello statuto in una condizione giuridica d'inferiorità, che urtava il produttivo dinamismo dei nuclei ebraici e i;; fermenti del proselitismo evangelico. Si discusse in particolare l'accesso degli acattolici alle libere professioni medica e legale, che furono infine appena consentite nei limiti dell'assistenza ai correligionari. H Baldasseroni condusse su questo punto una vera battaglia politica, fino a giuocare la carta delle dimissioni,3) che furono respinte dal granduca. Colse l'occasione per un acre tentativo di strappargli il potere il mediocre marchese Boccella, ministro della pubblica istruzione, che si fece portavoce nel governo delle istanze pontificie contrarie agli acattolici, d'accordo con l'intrigante incaricato d'affari pontificio V. Massoni.
In questo probante capitolo, come in tutta la sua ricerca, padre Martina riconosce ed ulteriormente dilucida, con l'obiettiva analisi dei documenti, il carattere totalitario della lotta antigiurisdizionalistica della Chiesa nel secolo scorso, intesa non già e creare la propria autonomia in un generale contesto di libertà ma semplicemente a rovesciare il rapporto di forza e la funzione di tutela con lo Stato, mantenendo la stessa soffo-
i) Le più importanti concessioni furono il controllo episcopale su tutte le pubblicazioni che riguardassero la religione e l'applicazione delle norme canoniche, stabilita dall'art. 15 del progetto, in tutti i casi non espressamente previsti dal concordato, il che significava riempire molti, interstizi con l'autorità della Chiesa.
2) Per quanto senza successo, Baldasseroni si batté generosamente a favore degli ebrei e delle altre minoranze religiose. Una pagina delle sue memorie rivela tuttavia i limiti ideologici di questo impegno, 11 dove scrisse che gli era parsa una superfluità inopportuna il far parole dell'ani missibUità degli ebrei o eterodossi agli impieghi, in quanto in un regime assoluto il principe era padrone di conferirli di fatto ai soli cattolici, anco lasciando ad altri in potenza di conseguirli* Vedi G. BALDASSERONI, Afe-morie, 1883-1859, a cura di R. Moni, Firenze, Le Mounier, 1959, pp. 192-194.