Rassegna storica del Risorgimento

CANTONI CARLO CARTE; GROPELLO CAIROLI STORIA SEC. XIX
anno <1969>   pagina <101>
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Libri e periodici
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a pensare il lettore comune (e la collana in coi appaiono questi saggi li Hack Smith è evidentemente destinata ad un largo pubblico, che in buona misura potrà anche non aver letto altro o quasi, su Cavour, dai tempi uggiosi del liceo), di fronte ad una sintesi della personalità cavouriana di questo genere: < Quello che superficialmente, potrebbe sembrare il tratto di un disegno magistrale, può accadere che sia invece piuttosto una mossa empirica per tentare di dipanare una intricata matassa politica*
(...) Egli ebbe la fortuna di poter assumere un atteggiamento di tal genere* in quanto sapeva che, forte di una garanzia della Francia a sostegno dell'espansione del Pie monte, non aveva molto da perdere con una politica di audacia: "ollons toujours de l'avant, peut-étre rencontrerons nous quelque chance henreuse. " Questa sua politica opportunistica era nondimeno soggetta a generare qualche confusione. Lo stesso Cavour dava spesso l'apparenza di essere confuso. Per esempio, benché egli condannasse il ricorso alla rivoluzione e alla guerra civile come cosa riprovevole, in pratica le accetto entrambe. Sebbene egli dicesse di credere nell'autonomia regionale, e nella "libera Chiesa in libero Stato", non sempre mise d'accordo quel che predicava con quel che praticava, e un tal fatto ha lasciato il suo stampo fondamentale sul tipo di Stato che poi divenne l'Italia. Persino la sua fede nei principi di nazionalità, di libertà e di juste milieu venne qualche volta ad attenuarsi per la sua istintiva preferenza per ciò che gli conveniva fare. Egli ebbe a dichiarare che avrebbe mantenuto a tutti i costi la libertà di stampa, ma poi provvide a sopprimere i giornali d'opposizione con metodi che sapeva illegali. Egli credeva certamente nel governo parlamentare, ma pure ordinò ai prefetti di evitare che venisse eletta Garibaldi, e talvolta usò a suo arbitrio della maggioranza di cui disponeva per espellere dal parlamento oppositori tanto di destra che di sinistra. Quando si trovava fuori dal governo, non se ne stava a Torino per organizzare la crìtica di opposizione, ma se ne andava all'estero per mantenersi libero da impegni gravosi, finché non riuscisse a fare ritorno in una nuova coalizione gover­nativa - una pratica questa che ebbero poi a seguire i suoi successori, non sempre con cosi felici conseguenze. Molte delle più recenti convenzioni del regime parla mentare in Italia possono essere riportate alla pratica empirica di questi anni: l'assenza di una divisione di responsabilità fra i partiti e fra il governo e i gruppi di opposi zione, la mancanza di una omogenea compattezza governativa, la concentrazione dei poteri in una sola persona, lo storico steccato eretto di fronte al papato, che portò all'astensione dei cattolici dalla vita politica. TI liberalismo di Cavour non gli impedi di gettare la gente in prigione senza processo e di varare misure legislative controverse approfittando di una vacanza parlamentare. Dove Cavour differiva da certuni dei suoi successori è principalmente in ciò: che egli ebbe cura di mantenere certi prìncipi liberali basilari relativamente incontaminati dai mezzi che egli qualche volta si trovò, a dover usare .
E non si può certo dire che il saggio successivo, Cavour e il Parlamento, pur molto più approfondito, documentato e sfumato in certi giudizi, sia tale da equilibrare o neutralizzare le unilateralità e le forzature contenute in questo Cavour uomo di Stato.
La parte centrale del libro è occupata dal lungo scritto intitolato La politica del senatore Croce. Scritto giovanile, e che di questa sua natura fortemente risente, si può dire, ad ogni pagina. Meritorio senza dubbio il tentativo di Mack Smith, a pochi anni dalla fine della seconda guerra mondiale, di fare un primo bilancio del Croce politico, sia dal punto di vista del pensiero, che da quello dell'azione. E meritoria se vogliamo, malgrado le asprezze polemiche a volta davvero eccessive, la preoccupazione di proce­dere ad una revisione in senso e demistificante di un certo cliché allora di moda a proposito del ruolo di Croce nella politica italiana. Rilette oggi, dopo tanto fervore di studi - - spesso di non comune pregio - - sul clima culturale italiano a cavallo del XIX e del XX secolo e più in particolare sulla formazione intellettuale di Benedetto Croce, le pagine della prima parte del saggio di Maok Smith, dedicata a La prepara-zuma filosofica, 1866-1913, appaiono veramente inadeguate sotto ogni profilo. E basti pensare tanto per citare solo contributi di studiosi non certo sospetti di indulgenze agiografiche, come di vocazione all'indulgenza non può essere sospettato Mack Smith