Rassegna storica del Risorgimento
CANTONI CARLO CARTE; GROPELLO CAIROLI STORIA SEC. XIX
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1969
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Libri e periodici
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monte la ricerca della verità non sarebbe fruttuosa e autentica, se non presupponesse un'attenta présa in considerazione delle opposte ideologie ed interpretazioni. Ma veniamo ai nostri autori. De Sivo è uno storico e letterato molto prolifico, fanaticamente attaccato alla causa perduta dei Borboni e per questo esiliato il 14 settembre IMI; fece uscire clandestinamente lo scritto ora ristampato (senza i documenti dell'appendice) con la data del dicembre 1861. Il Caranii è invece un pubblicista piemontese della Destra storica, membro della Società Nazionale; pubblicò il suo opuscoletto a Torino nel 1864 per i tipi della tipografia Dalmazio.
Entrambi gli autori sottolineano l'ambiguità della situazione politica nei 1860, cbe del resto non solo era stata condannata da uomini come Tommaseo e Cantù ma era stata criticata anche dallo stesso Garibaldi.
Una malintesa carità di patria non ci può far dimenticare cbe circa i plebisciti non fu rispettata né la segretezza del voto, né la libertà individuale, che furono usate insomma maniere coercitive e rivoluzionarie; ma fare FItalia non era una questione risolvibile nella stretta legalità. Non si può dimenticare che si ricorse a intrighi, a violazioni del diritto internazionale, a gravi minacce; ma i Borboni avevano rispettato le norme di giustizia?
Certo i Cialdini e i Pinelli ebbero la mano pesante laggiù, ma il brigantaggio legittimista costituiva una seria minaccia e aveva a sua volta commesso eccessi abominevoli. Tutte queste cose insieme non furono naturalmente valutate con obiettività dal De Sivo, ch'era intento nella sua opera apologetica. Una cosa sola, costituente un motivo di fondo, non era del lutto errata, anzi era giusta: i Piemontesi avevano trattato il Sud come una terra di conquista, non rispettandone l'indole, né le tradizioni, ma imponendo dovunque le proprie leggi, la propria mentalità e la propria supremazia politica ed eco nemica. E questo fu un tragico errore senza dubbio. Poi le pagine del De Sivo traboccano di campanilismo partenopeo: l'Italia era stata grande anche se disunita e i Piemontesi non avevano diritto di parlare a nome di tutta la penisola, loro i più stranieri di tutti gli Itali ani. Ci sono in gran numero apprezzamenti stupidi e volgari contro Garibaldi, considerato (oh, povero agricoltore di Caprera!) come un capo di briganti, contro i patrioti unitari identificati sic et simpliciter con i camorristi (come se le onorate società, prima del 1860, non avessero perfettamente fiancheggiato il regime borbonico!), contro una tenebrosa setta causa di tutti i mali dell'ex Reame delle Due Sicilie.
Del tutto opposto l'intento dell'opuscolo del Ceranti, scritto per giovare alla fama dell'amico Giorgio Pallavicino, nominato dal dittatore Garibaldi pro-dittatore e divenuto l'organizzatore del plebiscito. Era questi un patriota sincero, monarchico fervente e longa manus delle classi dirigenti subalpine; aveva avuto come obiettivo rendere formalmente legale la conquista militare e fugare per sempre le mene antisabaude dei patrioti radicali (di qui l'invito perentorio a Mazzini del 1 ottobre 1860 di andarsene per rendere possibile l'opera di unificazione, a cui rispose l'apostolo genovese il 6 ottobr,e protestando nobilmente in nome del diritto d'ogni italiano... di vivere nella propria patria quand'ei non ne offende le leggi e del dovere di non soggiacere ad un ostracismo non meritato ). Sia la narrazione, sia le lettere pubblicate in appendice (specialmente quelle del Crispi e del Vili ari) confermano, senza volerlo, che troppe cose sbagliate erano state compiute e troppo poco era stato fatto per il popolo delle Due Sicilie, per liberarlo davvero dall'abiezione secolare e per inserirlo fraternamente nella famiglia italiana. Al di là di queste visibili e non piccole carenze si era però realizzato, concludiamo noi, il sogno di tante nobili vite di pensatori e martiri, il vaticinio di un Lomonaco, di un Cuoco, di un Galdi, di un L'Aurora, di un Foscolo: l'Italia una.
GIANFRANCO E. DB PAOLI
ROBERTO DI NOLLI, Mentana; Roma, Bardi Editore, 1965, in 8, pp. 342. L, 2.500,
Roberto di Nolli cbe - - se non siamo male informati - - è pseudonimo che cela l'editore-autore Bardi, ha preceduto la data centenaria di Mentana offrendo questo vo-