Rassegna storica del Risorgimento
CANTONI CARLO CARTE; GROPELLO CAIROLI STORIA SEC. XIX
anno
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1969
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pagina
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109
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Libri e periodici 109
mento modernista ai dibatteva fra sottomissione e ribellione, e la Cariai dal canto suo, fra il rigore i rudi zio un le ad i primi spasimi del rinnovamento.
Confessiamolo r noi davanti a queste pagine che sono indubbi a meni e rivelatrici ci sismo chiesti ingenuamente come e perché VA. abbia accarezzato ed attuato il prò posilo di scrivere un'opera ehe, solo pochi lustri or sono, sarebbe stata inibita a qualsiasi rappresentante del clero, o addirittura impensabile. sul filo della stessa ingenuità ci chiediamo ora se sia stato il fortunato incontro coi documenti che ha suggerito all'A. il tema, o se tenuto conto del rinnovato clima sia stata hi tesi a sospingerlo verso hi ricerca è l'uso delle fonti documentarie.
Interrogazione ingenua, no conveniamo, ma non del tutto superflua, poiché nel secondo caso si potrebbe sospettare il permanere di una mentalità da polemista soverchiarne la forma mentis dello storico.
Ma lasciamo perdere le domande cui non siamo in grado di rispondere, e rifu* piamoci in un'altra confessione che riguarda il godimento da noi provalo nell'ascellare pagine così nemiche ai segreti curiali e così rieeheggianti di lontane autorevoli voci, spesso concordi col nostro giovanile ed umile parlare di tanti e tanti anni fa, quando la fede non era nn continuo contestare, e nemmeno un fraterno abbracciare di cui rimane appena il non voluto e realizzato aspetto teatrale, ma non era nemmeno nn caotico interpretare e rivoluzionare, ed era soltanto un dono misterioso di Dio ed il conforto prodigioso dell'anima.
Di questo godimento ciascuno di noi che abbia vissuto e che ricordi quei tempi non può fare a meno di essere grato.
Ma parliamo ora senza ulteriori divagazioni del libro, e cioè della sua costruzione, delle sue qualità sostanziali e formati e magari dello stile. E cominciamo dalla Presentanone nella quale l'A. trova modo di rivolgere un appello alla Curia post-conciliare perché si decida finalmente ad aprire (quale ghiottoneria!) i suoi sigillati archivi.
Fanno seguito alla Presentazione cinque capitoli, quasi cinque atti del dramma, dove la conoscenza di uomini e cose da parte di don Bedeschi è manifesta in tutta la sua pienezza, e dove anche le minori circostanze vengono indicate con estrema sica rezza e precisione. Note bio-bibliografiche accompagnano il testo e valorizzano l'opera che appunto per questa ricchezza non offre la possibilità di una adeguata sintesi. Forse non è inutile indicare i titoli dei cinque capitoli, se non altro perché ci fanno conoscere una tavolozza o meglio le pennellate cartellonistiche nelle quali l'A. è maestro.
Ed ecco i cinque titoli: 1 Gli uomini della diasporai 2 Gli uomini del vertice direzionale; 3 Tra le quinte dell'organismo curiale; 4 Dalla periferia al centro; 5 Risultati della ricerca.
Dopo di che sotto l'insegna dell'/Ippendice sfilano sulla scena i documenti che hanno dato sostanza all'opera, ossia le 130 lettere che, assieme ad altre incastonate nelle note a pie di pagina, occupano ben 150 pagine.
Tali lettere sono riunite in due gruppi distinti, ed ogni gruppo è preceduto da una Avvertenza, Il primo gruppo ho due date estreme: 1903-1915. Il secondo gruppo si distende su un arco di tempo alquanto anteriore che va dal 1895 al 1911. La separazione in due gruppi ha la sua determinante giustificazione soprattutto perché i documenti sono di diversa provenienza. Difatti il primo gruppo è tratto dal Fondo Castagna, che è di proprietà di don Bedeschi, ed il secondo è conservato nell'Archivio arcivescovile della Curia di Bologna, fondo Svampa, che diventa in questo caso un archivio di famiglia.
Né mancano altri motivi che impongono la suddetta divisione, e basti ricordare che le lettere del primo gruppo sono indirizzate al card. Capecelatro (od al suo segretario), mentre quelle del secondo gruppo riguardano il card. Svampa.
In ambedue i casi il carteggio è di natura prevalentemente confidenziale: serpeggili il mormorio che non è un mormorare ma un fraterno parlare, un calmo desiderare e talora un prudente ma chiaro deplorare.