Rassegna storica del Risorgimento
ARCHIVIO COMUNALE DI TOLFA
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1969
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Libri e periodici
al potere centrale tuta notevole presa unificatrice, eliminando per es. le rappresentanze diplomatiche (e quindi ogni autonomia nella politica estera) per gli Stati parti* colarì, cui restava tuttavia garantita l'indipendenza. Ma la Prussia, che era una delle due potenze egemoniche netta confederazione tedesca, doveva trovar compenso a tale deminutìo capiti* attraverso l'assunzione del suo sovrano alla dignità di impera* tore tedesco; ora l'offerta della corona al re di Prussia, mentre costituiva una ragione di inevitabile conflitto coll'Austria rivale, era appunto un assurdo ideologico. Stupisce che uomini della Statura di un Gagern abhiano potuto nutrire questo sogno, dopo aver mostrato notevoli doti realistiche (nella scelta, per es., di un principe asburgico come Reichsveiveser, cioè come amministratore provvisorio dell impero). Appare quindi esatto il giudizio delPEyck, che critica la tendenza di molti studiosi a porre in purely personal lerms il rifiuto detta corona imperiale da parte di Federico Guglielmo IV di Prussia (ivi, p. 383). Tale rifiuto rispecchiava non tanto e non solo le prospettive medievaleggianti del romantico sovrano, quanto una serie di premesse ideologiche collegate con quello che potremmo chiamare l'ordine europeo, uscito dal 1815, e non davvero eroso dall'esplosione delle nuove ideologie pa-triottir.o-democraticke. Le tesi della costituente di Francoforte potevano avere ancora un seguito, dar luogo ad ulteriori moti, fornire premesse per l'avvenire (un avvenire alquanto remoto, in certi casi, poiché ben poco delle speranze quarantottesche, imperniate sullo stretto collegamento fra ideali patriottici e ideali di libertà o di democrazia, si ravvisa nell'edificio costruito da un Bismarck fra il '66 ed il '71), ma per il momento non si traducevano in risultati concreti. Non solo in Germania, ma in Austria, in Francia, in Italia trionfava il moto controrivoluzionario. Le speranze dei costituenti, anche quando miravano ad un'impossibile mediazione, non appaiono tuttavìa propriamente caricaturali. alTEyck: la tragedia dei liberali moderati nel '48, scrive nell'epilogo, fu quella d'esser gravati d'una responsabilità cui non corrispondeva una dose sufficiente di potere. AUTSyck pare inoltre ch'essi sian stati compromessi da un'eccessiva condiscendenza nei confronti della Sinistra, alla quale attribuisce la colpa di aver resa impossibile una collaborazione feconda fra il potere centrale, creato dalla costituente nazionale, e i governi particolari: ma qui sembra ch'egli dimentichi che nessuno sforzo di collaborazione avrebbe potuto cancellare, agli occhi dei sovrani, il vizio di origine dell'assemblea, nata dalla sovranità nazionale, e dal suffragio universale. Inoltre l'assemblea era inoline a deviare dalla tradizione particolaristica verso un più o meno accentuato unitarismo, a passare dallo Statiteli-bund al Bundesstaat. Non per nulla lo stesso Eyck definisce il senso del moto quarantottesco in Germania come struggle for unity (p. 393). Nelle correnti più avanzate dell'epoca bismarckiana, e in specie netta cosiddetta Fortschrittspurtei, sopravviveranno ancora degli spunti quarantotteschi, e nelle nuove lotte politiche si attenueranno i dissensi fra le due ali, liberale e democratica, che s'erano urtate nel *48. Ma notando questo avvicinamento (p. 397) lo Eyck conferma, mi pare, ciò che poc'anzi rilevavo: è impossibile scindere nettamente le tesi liberali da quelle democratiche, nel '48 tedesco, e contrapporre le une alle altre,
ETTORE PASSEIUN D'ENTKÈVES
ROMUALDO GIUFFRIDA, Rothschild e la finanza pubblica in Sicilia (1849-1855) (Storia economica di Sicilia. Testi e ricerche, 11); CaltanÌBsetta, Sciascia, 1968, in 8, pp. XI-189. L. 600.
La collezione diretta da Carmelo Trasselli sta portandosi rapidamente all'avanguardia detta storiografia economica contemporanea non soltanto siciliana così per l'assiduità come per la densità scientifica delle sue pubblicazioni. H Giuffrida, che aveva appena licenziato un'indagine opportunamente integrativa di quelle del Demarco e di altri studiosi circa i rapporti tempestosi tra il Banco di Sicilia e la Banca Nazionale all'indomani dell'unita, presenta ora una ricerca se possibile ancora più