Rassegna storica del Risorgimento
CONGRESSI ROMA 1965; RODOLICO NICCOL?
anno
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1970
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pagina
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97
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AMICI SCOMPARSI
NICCOLÒ RODOLICO
Quando, il 18 novembre 1969, sì è appreso che Niccolò Rodolìco non era piò, si è avuta una sensazione particolare di vuoto. Non era mancato solo l'illustre studioso, il decano degli storici italiani, era scomparsa una singolare figura dì uomo che allo studio aveva dedicato tutta la vita, con passione* con indiscutibile onestà e con la ferma convinzione del valore morale della storia. Storia d'Italia, che ad essa soprattutto il Rodolico si dedicò, criticamente documentata e ragionata, con scrupolosa severità, sì, ma intesa a mettere in rilievo rapporto recato alla civiltà umana dal nostro paese, sia dai singoli che dalla collettività, storia ispirata all'educazione dello spirito, lontana, opposta anzi alle aberranti iconoclastie di oggi.
Era nato a Trapani nel marzo del 1873, aveva studiato a Bologna col Carducci e i primi passi li aveva mossi nel Medio Evo. Prima della laurea aveva già pubblicato un saggio sui Siciliani nello studio di Bologna nel Medio Evo, seguito, nel 1898 da altro sulla Signoria dei Pepoli. Per parecchi anni rimase ancorato agli studi medioevali, anzi addirittura paleografici (al qual proposito è da ricordare l'edizione della cronaca di Marchionne di Coppo Stefani), e infatti, passato a Firenze per frequentare l'Istituto di studi superiori e di perfezionamento, sotto la guida del Villari, prese ad approfondire la storia fiorentina di quel tempo. Risale al 1899 il volume sul Popolo minuto (ristampato un anno fa) e al 1905 il volume sulla Democrazia fiorentina al tramonto. A partire da quel momento però, gli interessi di Rodolico si spostano e senza rinnegare il Medio Evo, si dirige, quasi seguendo la cronologia, verso il periodo risorgimentale.
Firenze è sempre il suo centro di studi, ma ora è il Settecento che lo attrae e infatti nel 1910 pubblica Stato e Chiesa durante la reggenza lorenese e nel 1920 l'altra opera, non meno nota, Gli amici e i tempi di Scipione dei Ricci,
A poco a poco il suo orizzonte si allarga, valica i confini della Toscana, passa al Mezzogiorno. Nel 1926 esce il grosso volume sul Popolo agli inizi del Risorgimento nell'Italia meridionale, in cui già si delinea quella che sarà poi la sua concezione fondamentale di storico: il popolo non è stato inerte spettatore, ma ha partecipato attivamente alle vicende della sua terra.
Fra il 1931 e il 1943 escono i tre volumi dell'opera maggiore di Rodolico, Carlo Alberto, accolta, come più tardi confessò lui stesso, con critiche benevole e malevole. Tempi difficili quelli: una rivalutazione della discussa figura di Carlo Alberto poteva apparire dettata da motivi politici e da uno spirito di conformismo poco simpatico. Così sembri ad alcuni e le critiche furono dure e talvolta villane, ma studiosi intelligenti e privi di acredine, come Nello Rosselli, valutarono con imparzialità lo sforzo sereno del Rodolico, ne riconobbero la validità della tesi, e la aincera onestà di studioso.
Dopo un fugace ritorno al Medio Evo, nel 1945, con la pubblicazione del volume sui Ciompi, Rodolico riprende lo studio dei Risorgimento con la tri-
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