Rassegna storica del Risorgimento

SOCIET? SOLFERINO E SAN MARTINO
anno <1970>   pagina <115>
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Libri e periodici 115
Fin dal primo momento Lamartine s'era reno conio che il Piemonte da nolo non avrebbe potato vincere la guerra. Di lì la sua richiesta a Bixio come avrebbero, reagito le troppe piemontesi se i Francesi {ossero entrati in Piemonte senza essere stati invocati (richiesta cui Bixio rispose negativamente), e il suo rifiuto di preparare clandestinamemnte nn deposito di viveri e di combustìbili a San Giovanni di Moriana (p. 80). Non era certamente sfuggito al poeta-ministro che In Piemonte v'erano altre persone, oltre a Brignole, che temevano di più i Francesi in casa che non gli Austriaci! (p. 75). Atteggiamento inspiegabile per il Boyer, il quale ricava dai documenti che la Francia richiedeva, in cambio del suo assenso alla creazione d'un Regno dell'Alta Italia sotto Casa Savoia, una cosa sola, che fossero allargate le basi rappresentative di questo nuovo regno (p. 82).
AI Governo provvisorio succedette l'Assemblea Nazionale. Quale fu la politica dì questo perìodo? Nei primi giorni chi fece dichiarazioni di polìtica estera fu ancora il Lamartine. Ma qual'era ora la sua polìtica? Il 19-20 maggio, infatti, egli si fece sostenitore, nelle sedute segrete della Commissione, d'un intervento francese in Italia anche senz'esserne stato richiesto : la formazione d'un forte regno dell'Alta Italia, padrone dei passi alpini, non avrebbe potato esser ammesso senza che fosse prima stabilita una linea di frontiera < difensiva che assicurasse ad entrambe le potenze una reciproca sicurezza (p. 99). In Italia alla guerra in favore della demo­crazia, dice l'A. per spiegare questo momento (p. 100), era subentrata una guerra dinastica e pertanto la Francia rivendicava le frontiere naturali. Comunque fossero le cose, di questo intervento non se ne fece nulla; tuttavia il proclama del 28 aprile di Ondi noi. comandante deHrmée dea Alpes, fece in Piemonte un'impressione penosa. U Governo di Torino, oltre tutto, era continuamente sottoposto alla doccia scozzese di minacce di intervento non desiderato (anzi temuto) subito dopo annullate da un discorso contrario.
Il 12 maggio, però, era già subentrato nella direzione della politica estera fran­cese, Juies Bastide, che il 15 maggio dichiarò (p. 97) che egli avrebbe seguilo la polìtica di Lamartine. Se è vero che egli era completamente digiuno di nozioni di polìtica internazionale e che era un'anima candida come affermarono alcuni con­temporanei (p. 114) evidentemente Bastide, al primo momento, non poteva dire altro. Subito dopo, però, l'uomo di parte prese il sopravvento sul ministro degli esteri e si pronunciò per una polìtica filo-repubblicana in Lombardia e nel Veneto acconsentendo che solo il Piemonte restasse monarchico (p. 124): il che voleva dire far ricadere quest'ultimo in quel pericolo d'esser circondalo da repubbliche che, con l'intervento in guerra, aveva cercato d'evitare. È vero dice il nostro A. fp. 125) che tali pro­positi non furono seguiti da alcun preparativo sovversivo (invio dì agitatori, creazione dì giornali antialbertisli ecc.), ma a parte il fatto cbe dì agitatori repubblicani e di giornali antialbertisli in Italia ce n'erano abbastanza e quindi non era necessario inviarne da oltralpe, resta innegabile che le varie dichiarazioni filorepubblìcane dì Bastide, riportate dall'A., dovettero fare, negli ambienti sardi che ne vennero a cono­scenza, una notevole impressione.
Viene la fusione della Lombardia con il Piemonte: Bastide, da buon democratico, riconosce la validità del voto popolare (p. 131) ; l'incaricato d'affari, de Rei sei, invece, dà consigli per la creazione d'una federazione italiana composta di due monarchie e dì due repubbliche, consiglio che non vìen degnato neppure d'una risposta da Parigi (p. 134).
Nelle settimane seguenti la condotta francese non fu però dì natura tale da lasciar tranquilli i Piemontesi. L'atteggiamento di qualche esponente francese, infatti, non potè non destare un po' d'allarme: hi missione Leon Faure a Milano (giugno 1848) e, soprattutto la mozione presentata il 16 giugno all'Assemblea Nazionale a nome della Commissione esecutiva (e cioè di Lamartine), mozione in cui era detto cbe la Francia non avrebbe potuto tollerare un accrescimento della potenza dei suoi vicini senza ottenete un compenso, non erano avvenimenti da lasciar indifferente il governo piemontese, anche se il Nntionnl scriveva in termini favorevoli alla libera-