Rassegna storica del Risorgimento

AMERICAN PHILOSOPHICAL SOCIETY DI FILADELFIA CARTE FABBRONI; FA
anno <1970>   pagina <534>
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Gustavo Costa
ostante tutto ciò, per esempio, l'America in ogni ima parte conosceva ancora le sue primitive popolazioni colle loro native lingue, che deve dirsi dell'amica Italia? I pochi coloni Greci che vi approdarono, non poterono estinguere, per cosi dire le nazioni che trovarono dovettero naturalmente mischiarsi con loro, ed accettare una parte anche dei loro costumi e del loro linguaggio. Parto dunque con Lei dal principio, che furono degli Aborigeni in Italia, e che gl'Italiani attuali sono vieppiù discendenti di essi che delle colonie Greche arrivate in diversi tempi. Non si può negare, come mi pare (ed in questo sono perfettamente del sentimento di Lanzi), che i monumenti che possediamo nel di d'oggi della lingua Etnisca, Osca, etc, si possono molto bene spiegare per il Latino ed il Greco (benché il modo di chiamare ora una parola di questo, or una di quell'idioma in ajuto renda Io spiegare più facile che sicuro), e credo anch'io che la lingua di queste nazioni, per quanto la conosciamo adesso, si avvicina assai più a quelle due vicine che a nessun'altra o orientale o settentrionale Ma si deve considerare che questa lingua (vai a dire la (sic) dei monumenti) è lingua di eruditi, perché la massima parte appartiene al rito dei sacerdoti, e lingua di secoli posteriori assai alla prima entrata dei Greci in Italia. Tediamo ogni giorno che una stessa nazione usa di due idiomi molto differenti, e certo avrebbe torto chi, vedendo che tutti i monumenti, tutti i documenti, quasi tutte le scritture che si fanno nelle Provincie Biscagline, si fanno in lingua Castigliana, volesse inferirne ch'essa fosse l'Idioma usuale del popolo. Credo dunque che si debba supporre come certo, che nell'antica Italia, durante il decorso di molti secoli, v'erano due sorte di linguaggi differenti, l'uno primitivo, l'altro greco, mescolato col primitivo e mutato dopo, di modo che ne nacque una nuova lingua, la Latina; che, attesa la gran difficoltà di sottoporre un linguaggio non finora scritto ad un alfabeto portato di fuori, ogni volta che si doveva scrivere, si faceva uso, quanto più era possibile, di quell'ultimo, e che anche nel parlare il primo si andava insensibilmente a corrompere, a mutare ed alfine a perdere intieramente.
Nell'investigare l'origine degl'Italiani attuali si deve naturalmente attendere quasi unicamente a queste traccio della più rimota antichità, ed Ella le ha certamente seguite ottimamente nei nomi proprj delle nazioni e delle regióni. Resterebbe forse adesso ancora da ricercare l'origine delle moltissime parole nella lingua veramente Toscana, che l'etimologia non ritrova né nella Latina né-nella Greca, quanto a queste ho creduto sempre che la massima parte ne venisse dalle lingue Settentrionali, principalmente dal Tedesco. L'affinità fra queste lingue e quelle dell'Asia è interes­santissima, ma non ebbi ancora il tempo dì studiare per me stesso queste ultime. Poco pero mi fido nelle comparazioni che in molti libri (p. e.r nelle opere di Hervas) si fanno fra una lingua ed altra. Si fondano per lo più sopra pochissime parole e non, come dovrebbe essere, sopra uno studio profondo d'ambedue le lingue che si comparano. Per giudicare veramente delle affinità di lingue diverse, è necessario di entrare profondamente nella loro struttura e nell'arte, col quale (sic) ognuna di esse in se stessa forma e deriva le sue parole I'una dall'altra.
II lavoro che in questo genere sarebbe più d'ogni altro a desiderarsi, sarebbe un dizionario compito di tutte le parole d'una lingua, ivi compresi tutti i dialetti, con una breve annotazione di quelle, la cui etimologia è manifesta. CoH'ajuto d'una tal opera, ai vedrebbe con un colpo d'occhio, p. e., quel che deve l'Italiano al Latino, Greco, Tedesco, etc, e 1 investigatore di lingue ài fermerebbe soltanto in quelle voci che pajono, per così dire, d'origine incerta ed incognita. Tengo in questo momento un tal Catalogo della lingua Romana (nel paese dei Grigioni) nelle mani* e vedo che, giacché con facilità trovo l'etimologia di moltissime voci che contiene, nelle lingue vicine, poco sarà il numero di quelle che sono esclusivamente proprie a questo idioma. Qualora un simile lavoro sarà fatto almeno sopra la lingua principale die conosciamo* ma non pria, sarà possibile di fare dell'etimologia una scienza certa e sicura, e ohe non dipenda più dall'ingegno di chi la tratta che dalla verità dell'oggetto.
Ma abuso della sua pazienza. Mi permetta dunque di terminare questa lettera con una osservazione sopra la denominazione di lingua Celta, della quale sopratntto gli Scrittori Francesi fecero un gran abuso. Vìddì con sommo piacere ch'Ella non