Rassegna storica del Risorgimento

AMERICAN PHILOSOPHICAL SOCIETY DI FILADELFIA CARTE FABBRONI; FA
anno <1970>   pagina <535>
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Giovanni Fabbroni e i fratelli Humboldt 535
ha attribuito il nome dei Celti che a quei popoli eoli che lo portano con verità vai a dire agli Scozesi ed Irlandesi. Gli autori Francesi confondono sotto questa deno­minazione la lingua Irlandese, quella di Wales e della Bassa Bretagna, ed ancora la Biscaglina, ed indi è che trovano con tanta facilità le etimologie che chiamano Cel­tiche, andando a ricercarle indifferentemente in tutte queste tre lingue. Bullet ha avuto la pazzia di fare dì tutte tre un solo Dizionario. È certo però che tutte queste tre lingue sono molto diverse, che non sono dialetti d'una medesima, e che forse non hanno maggior affinità fra di loro che, p. e., la Tedesca e la Greca. L'erudito Schlozer, il cui nome non le sarà incognito, nella sua Storia del Norie (nella quale c'è un capi* tolo preziosissimo sopra le lingue originali e primitive dell'Europa), ha mostrato il primo questo sproposito, ed ha distinto questi tre idiomi sotto le denominazioni di lingua Vasca (Cantabrica), Galica (la vera Celtica, giacché viene dai veri Celti ch'abi­tarono le vicinanze di Marsiglia o di Lyon) e Kymrica (quella della Bassa Bretagna e di Wales). Per quanto io abbia per me stesso studiato ognuna di queste lingue, mi confermo di più in più nella di Lei Opinione.
Mia moglie non ha potuto dirmi abbastanza quanto è stata sensibile alla bontà ed all'amicizia ch'Ella e la Sua Signora Consorte le hanno provate nel breve sog­giorno, che fece a Firenze. La prego di voler rassegnare la mia sincera e profonda gratitudine alla Signora Sua Consorte, e di domandarle perdono di non aver risposto alla gentilissima Sua lettera. Ma temevo veramente d'arrecarle nuovo incomodo, alba­mente non avrei trascurato di ringraziarla io stesso dell'accoglienza, che ai compiacque di fare a Madame di Sartoria, che non cessa mai di parlare delle Sue finezze verso di lei.
Scusi amicissimo Signor mio, la lunghezza di questa lettera, e gradisca l'espres­sione dell'alta stima e della cordiale e sincera amicizia, colle quali ho l'onore di pro­testarmi / Suo / Obbligammo Divot.mo Servitore / ed amico, / HUMBOLDT. / Roma, ai 25. Aprile, 1804.
Il diplomatico prussiano si scusava del suo lungo silenzio, e, nello stesso tempo, rivolgeva al suo corrispondente dei complimenti sapienti alti a solle­ticarne l'amor proprio. Wilhelm von Humboldt elogiava l'enciclopedismo di Fabbroni, il quale, oltre ad essere vicedirettore del Gabinetto di Storia Na­turale e di Fisica, era stato chiamato nel 1803 a dirigere la zecca di Firenze, che egli riorganizzò in modo da risollevare il credito della valuta toscana. x) Quindi il diplomatico prussiano passava ad esaminare la memoria sugli an­tichi abitatori d'Italia, nella quale Fabbroni con coraggio affrontò il labe-cinto delle etimologie dei nomi dei popoli Celti, Osci, Iberi, Galli ecc. ,2> per rivendicare il primato della civiltà etnisca, giusta l'orientamento dell'eru­dizione toscana settecentesca.
Pur sospendendo prudentemente il proprio giudizio sulla tesi fondamen­tale della memoria fabbroniana, Humboldt riconosceva nella cosiddetta etru-echeria una istanza metodologica valida: la necessità di riportare alla luce l'Italia pelasgica, nascosta dietro la facciata grandiosa dell'Italia classica, su cui dovevano affaticarsi gli storici dell'Ottocento.*) Si trattava della stessa istanza, che alimentò la rivendicazione della civiltà italica, fatta sulla scorta del De anlìquissimu halorum sapientia di Vico nel Platone in Italia, pubblicato da
3)> ANTONIO LOMBARDI, Elogio tU VV- V, IX e XVII; UBO SCUIHF, Il Museo cit* pp. 297 e 318419.
2) ANTONIO LOMB-VIUVI, Elogio cii., p. XIV, ) PIERO TBEVES, Videa nit,, p. 20 e passim.