Rassegna storica del Risorgimento

PITTAVINO BONFIGLIO; SANTA ROSA PIETRO DE ROSSI DI; STATO E CHI
anno <1971>   pagina <24>
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24 Gian Biagio Furiosa
aveva partecipato attivamente alla elaborazione ed alla discussione sulla legge ubolitiva del foro ecclesiastico. Cattolico praticante, ma politicamente impegnato nell'opera di progressivo rinnovamento della legislazione piemontese, intervenne alla Camera il 7 marzo in favore della legge. *) Dopo aver fatto, con particolare forza, dichiarazioni di cattolico, difese l'operato dei due ministeri costituzionali Casati e Gioberti, rivelando che i negoziati, iniziati da lungo tempo, erano con tannati, ma sempre invano. Le trattative non erano state interrotte nemmeno dopo la caduta del ministero Balbo; l'abate Rosmini, al contrario, aveva conti­nualo a risiedere a Roma come ministro straordinario del governo piemontese presso la Santa Sede e fu precisamente da quel gabinetto riconfermato nel* l'ufficio di continuare le pratiche del concordato , E se non aveva concluso nulla il Rosmini, così accetto in quei tempi alla Santa Sede, c'era ben poco da aspettarsi che potesse riuscire a buon fine il ministero d'Azeglio. Questo di­scorso attirò contro il Santa Rosa il risentimento degli avversali e dell'alta ge­rarchia della Chiesa piemontese.
Nelle vicende che seguirono all'approvazione delle leggi Siccardi, ebbe una posizione di primo piano l'arcivescovo di Torino monsignor Fransoni. Di ricca e nobile famiglia genovese, superbo e tracotante, con tutta l'albagia aristocra­tica e la intolleranza pretina , come è dipinto dal Bersezio,2) il Fransoni, dopo la concessione dello Statuto prese a manifestare una decisa avversione al nuovo ordine costituzionale, rendendosi inviso agli ambienti liberali piemontesi. Nel marzo 1848, dietro pressione del governo, abbandonò il Piemonte rifugiandosi a Ginevra; a seguito delle continue richieste della Santa Sede, Vittorio Ema­nuele acconsentì a farlo rientrare a Torino nel marzo 1850.3) Ripresa in mano la guida della sua diocesi, il Fransoni non lardò a spiegare di nuovo la ban­diera dell'opposizione: il 18 aprile 1850, appena una settimana dopo l'approva­zione della legge sull'abolizione del foro ecclesiastico, diramò una circolare con la quale ingiungeva a tutti i sacerdoti di non rispondere a citazioni davanti a tribunali laici, affermandone l'incompetenza. La circolare suscitò violente rea* zioiii, essendo intesa come un atto di sfida al potere civile. Il governo proce­dette senza indugio contro il vescovo, il quale il 4 maggio fu arrestato e condotto nelle carceri di Fenestrelle. Il 10 maggio fu deciso di portarlo in tribunale e il 23 maggio la corte d'appello lo condannava a un mese di carcere.4) La con* danna del Fransoni suscitò un putiferio di reazioni, contribuendo ad approfon­dire i contrasti tra il potere civile e la gerarchia ecclesiastica: accuse, proteste
vigliano alla prima legislatura del Parlamento subalpino; dall'agosto al dicembre 1849 fa ministro dei lavori pubblici nel gabinetto Alfieri (poi Perrone) e resse il porta* foglio dell'agricoltura, industria e commercio dall'ottobre 1849 all'estate 1850 nel ga­binetto d'Azeglio. Mori a Torino il 5 agosto 1850.
i) Lo stesso giorno avrebbe parlato il Cavour, tenendo il suo primo grande discorso che fu una vera liquidazione degli avversari, soprattutto della frazione della destra, che in quella occasione si staccò dalla maggioranza.
2) V. BERSEZIO, 17 Regno di Vittorio Emanuele II, V, Torino, 1893, p. 99.
8) Cfr. E. Di NOLFO, op. cit~, pp. 434486 ; sul Fransoni si veda anche E. COLO-MI ATTI, Monsignor Luigi dei marchesi Fransoni arcivescovo di Torino (1832-1862) e lo Stato sardo nei rapporti colta Chiesa durante tale periodo di tempo, Torino, 1902.
0 Ved., oltre a COUIM IATTI, op. rìt., pp. 11-24, M. F. MELLANO, // caso Fransoni e la politica ecclesiastica piemontese (1848-1850), Roma, 1964 e P. Fumi, Pio IX e Vit­torio Emanuele II dal loro carteggio privato, I, Roma, 1944, pp. 60-62 introduz.