Rassegna storica del Risorgimento

PITTAVINO BONFIGLIO; SANTA ROSA PIETRO DE ROSSI DI; STATO E CHI
anno <1971>   pagina <30>
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Gian Biagio Furiozzi
tenuto costantemente informato delle trattative con la Santa Sede e soprattutto della decisione del governo, maturata da qualche tempo, di presentare unilate­ralmente la legge aboliiiva del foro ecclesiastico. Il 20 febbraio 1850, cinque giorni prima della presentazione al Parlamento del progetto di legge, il guarda* sigilli Siccardi chiamò, a nome del re, tre vescovi: Renaldi di Finerolo, Cala­bi ana di Casale e il Fantini. '' Presenti anche i ministri dell'istruzione e del­l'interno, il Siccardi fece ufficialmente l'importante dichiarazione che il governo, fallite le trattative con Roma per un Concordato, si vedeva nell'urgente neces­sità di prendere l'iniziativa della legge sul foro, temendo di essere prevenuto dal Parlamento. I tre vescovi slesero una relazione dell'incontro, rimessa al Nunzio, nella quale si diceva che la convocazione era stata un atto di confi­denza del ministro; si aggiungeva poi che non era stato richiesto un loro giudizio sul progetto di legge e che essi si erano riservati il diritto di parte­cipare le confidenze al Nunzio.
Il Pirri afferma che la cosa si presenta oscura e misteriosa .2) Egli esclude che con questo invito il governo volesse usare un atto di cortesia ai vescovi, giacché non faceva che metterli in imbarazzo; ritiene piuttosto che si brattasse di maneggi per vincere le ritrosie e le titubanze del re, il quale fu riluttante a firmare il decreto fino all'ultimo momento e si decise solo dietro il consiglio di qualche vescovo, chiesto o fatto chiedere da lui.3:) Fra ì tre convocati conclude il Pirri dovrà quindi ricercarsi colui, il quale, subor­dinando il proprio dovere alle viste politiche del governo, aveva rassicurato il Re: aggiungendo a questa colpa, anche l'altra di riservarsi di ostentare in pubblico sentimenti contrari a quelli che aveva manifestati in segreto .'J ' Eb­bene, ora possiamo affermare con certezza che il vescovo in questione era il Fantini, il quale si era adoperato appunto per tranquillizzare il re e soprattutto la regina madre Maria Teresa e la regina regnante Maria Adelaide. La circo­stanza è attestata da una lettera scrittagli dal Siccardi il 22 febbraio 1850, dalla quale si ricava che era stato il re stesso a chiedere consiglio al vescovo, la cui opera di convinzione dette indubbiamente i suoi frutti.5)
i) La convocazione del Fantini, in data 15 febbraio, era del seguente tenore* Occorrendo al governo di dover conferire con V.S. Tll.nia e Rev.ma sopra un genere d'affari, nel quale l'illuminalo di lei discernimento potrà fornire utilissime nozioni, io la prego, in esecuzione puranche degù* ordini presi dal Re, di volersi, recare in questa ritta martedì della prossima settimana. Nella fiducia che la S.V. vorrà per tratto della squisita, di lei gentilezza aderire all'invito, che le vien fatto in modo affatto confiden­ziale, pregiami di assicurarla che terrò quell'alto in conto di speciale favore, di cui la prego di voler gradire gli anticipati miei ringraziamenti... p.s. Sì tratta di quegli affari di cui la S.V. è da lungo tempo informata e pei quali ella ebbe la bontà di pro­mettermi una efficace assistenza che mi sarà tanto preziosa, quanto mi è necessario . Altri due biglietti relativi a questa convocazione il Siccardi fece recapitare al Fantini il 17 e il 22 febbraio.
3)fi P. PURI, ojg ci*., p. 50 ìMmdW-
'i') Sulle esitazioni del re si veda F. CÒKNASSO, Vittorio Emanuela II, Torino, 1942, pi 5fi e P. Putta, op. ciu p. 73 dee.
*) P. Piani, op. cit., p. 50 introdits.
5) La leuera era del tenore seguente: -eMonsignore pregiatissimo, il Re nrìncà-rica di partecipare a V. S. Ill.ma e Rev.ma ch'csBO' sarà come un atto di affettuosa devozione del di Lei conto l'effettuazione del divisamente aY Wt S. ben noto. S. M. ripetila, .domani a Moncaiìerfis; ivi1 ella potrà domandare un'udienza dalla Regina