Rassegna storica del Risorgimento
PITTAVINO BONFIGLIO; SANTA ROSA PIETRO DE ROSSI DI; STATO E CHI
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1971
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32 Gian Biagio Furlozzl
della Nunziata, fu scrìtta da Genova, dove il Santa Rosa si era rifugiato dopo la ritirata delle truppe piemontesi a seguito delia sconfitta di Custoza; in essa si accenna appunto alle avventure, ai perìcoli e alle faticose peregrinazioni per i monti. Il tono, triste e sfiduciato per il rovescio subito, è appena attenuato dalla speranza di riabbracciare presto i familiari. Nella seconda lettera, del 16 dicembre 1849, dopo avere accennato alle sue precarie condizioni di salute che andranno ormai sempre più aggravandosi, il Santa Rosa promette di fare il possibile per aiutare un nipote del Fantini bisognoso di trovare un'occupazione. La parte più interessante della lettera è quella in cui il ministro comunica al vescovo di averlo proposto per la nomina a senatore; accenna alle difficoltà che alcuni membri del governo frapponevano a ciò, ed esprime il fermo proposito di insistere nella sua richiesta, convinto che in lui il Senato avrebbe fatto acquisto d'uno dei maggiori ornamenti, d'un chiaro oratore e d'un pruden* lissimo legislatore.
Appena tre giorni dopo, il 19 dicembre, il Santa Rosa dà al Fantini la lieta notizia che il governo ha accolto la richiesta, dietro le pressioni anche del Galvagno e di d'Azeglio. Viene formulato inoltre l'augurio che al Fantini venga affidata in seguito la diocesi di Torino, al posto di Fransoni pel bene di questa Chiesa, stata fin qui tanto strapazzata e vilipesa. Nella lettera del 16 gennaio 1850, si ringrazia il vescovo per l'invio di un opuscolo del suo vicario e si approfitta dell'occasione per ricordargli l'opportunità di venire subito a Torino per il giuramento. Il guardasigilli Siceardi era un po' sorpreso dì questo ritardo, e probabilmente sollecitava la sua venuta allo scopo di prendere i primi contatti con il Fantini per la questione dell'abolizione del foro ecclesiastico.
La quinta lettera, del 18 aprile 1850, è una risposta alla rinnovata richiesta di un impiego per il nipote del vescovo, cosa per la quale conferma il suo interessamento. Si accenna brevemente alle prime reazioni del clero alla legge sul foro appena approvata, reazioni che, pur se negative e critiche, non hanno tuttavia ancora raggiunto il tono violento che avranno nelle settimane successive. Nella successiva lettera del 27 aprile, si coglie già l'eco di una più viva tensione, dovuta al ritiro del Nunzio, alle proteste pontificie, ed ai primi atti di ribellione di una parte del clero piemontese, con in testa l'arcivescovo di Torino. Lo stesso Fantini, si desume dalla lettera, dovette esprimere qualche preoccupazione, o almeno qualche dubbio, al Santa Rosa; in particolare, il vescovo di Fossano chiedeva come mai il governo non avesse emanato nessuna istruzione al clero circa la riforma attuata. Il ministro risponde che ciò non era affatto necessario, dal momento che la legge era stata sancita dal Parlamento e dunque era obbligatoria per tutti; del resto essa era tanto chiara che non aveva bisogno di commenti o spiegazioni. Inoltre il governo, facendo una circo lare al clero per ammonirlo all'obbedienza, avrebbe dato prova d'incertezza, come se dubitasse delle sue intenzioni. Il Santa Rosa fa conoscere il fermo proposito del ministero di non transigere nel caso del vescovo Fransoni e comunica anzi che era stato già deciso di tradurlo in tribunale, anche se il governo del Re. mentre vorrebbe aumentare l'autorità e l'influenza della Reti* gione nel popolo, si affanna e si rammarica purtroppo di vedersi costretto a subordinarla alle competenze dei tribunali .
La lettera del 24 maggio è un lungo racconto della grave malattia dalla quale era stato colpito il giorno dell'Ascensione e della prima richiesta di ritrattazione fattagli dal teologo Gurlino. L'esposizione dei fatti coincide con la dichiarazione pubblicata sul Risorgimento il 16 maggio; nella lettera