Rassegna storica del Risorgimento
PIANCIANI LUIGI
anno
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1971
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pagina
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50
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Fausto Orsini
grande massa dei contadini che era filata trascurata, lina massa abbrutita dalla superstizione religiosa, dalla ignoranza e dalla miseria che non si muove sotto la spinta delle idee per quanto belle esse siano, ma quando intravede la possibilità di un qualche miglioramento della propria situazione economica. Il giorno in cui il contadino si convincerà che la terra che egli lavora sarà sua si metterà a capo della rivoluzione... . Ma chi nel 1848 aveva parlato di terre ai contadini? Pianciani si lascia a volte andare a tracciare un quadro un po' di maniera della gente di campagna, delle Bue virtù nascoste e delle forze vergini superiori a quelle dell'uomo di città, che si nasconderebbero nel contadino. Ma al di sopra di queste considerazioni, che peccano a volte di ingenuità e forse di retorica, egli avverte in tutta la sua gravità il problema della rivoluzione ita* liana che, a suo dire, merita di essere largamente rivisto nella sua impostazione e nei suoi scopi.
Un'idea ricorre spesso nel manoscritto: la servitù d'Italia non dipende solo dalla presenza dell'Austria. Certo l'Austria era il maggior nemico della libertà del nostro Paese e la lotta per la indipendenza doveva stare sempre in primo piano: su questo punto egli non si discosto mai da Mazzini. Ma dove l'Apostolo sbagliava era nel credere che nel '48 il popolo avesse combattuto solo per l'indi* pendenza. Forse Pianciani non ebbe mai il coraggio di parlare così a Mazzini e nelle pagine del manoscritto il nome del Maestro è sempre circondato da riverenza.
Egli del resto non mette in discussione la completa validità delle idee mazziniane circa la guerra di popolo e l'iniziativa italiana. Per questo motivo non accetto mai il socialismo di Proudhon che poneva la questione sociale internazionale al di sopra delle singole libertà ancora da conquistare in molti paesi. Proudhon era convinto che il socialismo operaio, contadino e rivoluzionario avrebbe risolto i problemi dei paesi oppressi, ma Pianciani, da buon mazziniano, sosteneva che si dovesse dare la precedenza alla emancipazione di questi ultimi. Analogamente, non gli era possibile l'intesa con chi poneva, al di sopra della professione politica, la lotta di classe:
Nel più volte ricordato manoscritto egli sostiene, invece, che la ristrutturazione su basi egualitarie della società debba essere non la causa, ma la conseguenza della rivoluzione. A Pianciani sembra che quest'ultima debba prima di tutto affrontare e risolvere in maniera radicale il problema politico-religioso, il più urgente, e in secondo luogo prendere in esame quello sociale. Questo si presenta oggi particolarmente grave per la diffusa piaga del capitalismo ed anche perché, secondo lui, ci sono state rivoluzioni o tentativi di rivoluzione politica o religiosa, ma giammai se ne è tentata una a carattere sociale.
Tale deficienza sembra confortare la tesi di Pianciani che, sotto l'influsso del pensiero sociologico comtiano, ritiene propria della generazione del suo tempo la risoluzione della questione sociale. Ciò sarà possibile, però, solo quando il rovesciamento degli attuali ordinamenti politici e religiosi avrà assicurato quel tanto di libertà necessario a garantire gli esperimenti sociali. Pianciani, infatti, non crede nei sistemi tanto decantati, ma solo nelle realizzazioni pratiche. La conquista della libertà politica, perciò, deve avere la precedenza assoluta perché è mezzo necessario * a rivendicare ogni altra libertà. Inoltre, prima di affrontare le riforme sociali, converrà liberare il popolo dal dominio del prete , che sotto il manto della carità esercita in campagna e città una deleteria propaganda volta a gettare il discredito su ogni riforma e a perpetuare l'ignoranza ed il fanatismo religioso.