Rassegna storica del Risorgimento

MOSCATI AMEDEO
anno <1971>   pagina <85>
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Amici scomparsi
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scilo napoletano disse invece: il popolo vuole l'Italia una e indivisibile e furono poste così effettivamente, come conseguenza degli avvenimenti che si erano verificati, le basi essenziali e fondamentali perché non fosse più possibile che Venezia e Roma rimanessero avulse dalla formazione del nuovo Stato . Ed era sicura e valida interpretazione, quando non si perda di vista quello che un giorno affermava un grande storico professionale , il compianto amico Fede­rico Chabod, scomparso tre mesi prima che Amedeo Moscati pronunciasse quelle parole: Se non ci si rende conto dell'importanza del " patriottismo " non si riuscirà mai a comprendere che cosa sia stato il Risorgimento .
E l'uomo nato l'anno della rivoluzione parlamentare che portò la Sinistra al potere se ne rendeva perfettamente conto. Non indulgeva a retorica, estranea al suo carattere e al suo modo di pensare, né dimostrava amore per le frasi fatte o per la lectio recepiti* quando, protestando per affermazioni che hanno pur avuto qualche successo di stampa in questi giorni, ma assai sgradite al po­polo meridionale e a quello di Napoli più specialmente , insorgeva sdegnoso contro chi aveva affermato che la clamorosa accoglienza a Garibaldi dovrebbe attribuirsi non altro che al senso di istintiva curiosità delle folle intorno al grande avvenimento che ai verificava in quella giornata , Non senza commozione si possono rileggere oggi le parole che a tal riguardo scrisse nell'ottobre 1960 Amedeo Moscati, dimostrando che, senza venir meno al dovere dello studioso, si deve riconoscere la validità del sentimento. Consentitemi che io che per gli anni moltissimi che mi sovrastano sono un poco più vicino di quasi tutti voi altri alla generazione che visse gli avvenimenti del '60, anche perché tra quella generazione e me non v'è nessuna soluzione di continuità mi riporti un poco ai ricordi della mia adolescenza e della mia giovinezza, quando ancora erano vivi gli uomini e gli echi degli entusiasmi del 1860, ed erano vivi, lo ri­cordo, non soltanto nella borghesia, ma anche nelle classi più umili. Ho cono­sciuto contadini, lavoratori, i quali avevano nella loro casa onoratamente custo­dito quel famoso quadretto con il ritratto dei quattro grandi fondatori dell'Unità d'Italia .
Nel rileggere queste sue parole, la figura di Amedeo Moscati ci riappare davanti agli occhi quale la vedemmo, il 22 ottobre 1960 presso il Monumento Ossario ai Ponti della Valle. Interprete e intermediario tra noi e la generazione del Risorgimento, pareva cercare con lo sguardo velato di pianto i grandi dai quali aveva imparato ad amare la Patria, gli umili che erano caduti per essa. Per quello sguardo sentimmo e sentiamo che non erano per lui vuote parole quelle con le quali augurava di veder rinnovati e risorti quegli spiriti che portarono al miracolo del Risorgimento italiano nel nome delle più sacre e delle più sante virtù della nostra terra, e che si rinnovi nello spirito nazionale quando si traili dei grandi problemi della Patria quella concordia di intenti e di propositi, che attraverso anche gli apparenti contrasti, formarono il grande edificio a cui diedero mano insieme l'apostolato di Mazzini, il cuore di Garibaldi, la mente di Cavour, la lealtà del grande sovrano .
Ogni momento della sua attività di studioso reca il segno della serietà dell'indagine e della severità del giudizio sia che, con non smentita passione, il 20 ottobre 1957, a Salerno, rievochi la figura a lui carissima di Michele Pironti, sia che, in occasione del XXXVII Congresso di storia del Risorgimento (Bari,. 1958), rivendichi la personalità e il carattere di Giuseppe Pisanellì, o chieda più sicure indagini su Liborio Romano. E ci sia lecito di non disgiungere dalla sua esperienza di Consultore nazionale e dal suo contatto con cittadini di altre parti