Rassegna storica del Risorgimento

ARCHIVIO DI STATO DI CREMONA CARTE BARGONI; BARGONI ANGELO CART
anno <1971>   pagina <92>
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Franco Verdi
APPENDICE
Due documenti, per l'importanza che rivestono, sono parri meritevoli di una pubblicazione in estenso.
I
ANGELO BARGONI A LUIGI PEZZINT
{La lettera è indirizzata da Torino, dove Bargoni periodicamente si recava per ragioni d'ufficio. È un documento stimolante per l'interesse delle considerazioni personali e politiche. Il Bargoni, come seguace del Mazzini, ma­nifesta una incomprensione netta per il rinnovamento politico-economico vo­luto dal Cavour. Amara, con un fondo di personale risentimento, è l'accusa di conservatorismo lanciata contro la pigra aristocrazia genovese, incapace di ade­guarsi al ritmo dei tempi e di valorizzare le energie più vive del paese. L'an­nuncio del proprio matrimonio scioglie definitivamente un turbamento psico­logico ed ideologico. Il matrimonio, come contratto, non è in sintonia con l'ideale di libertà che il Bargoni persegue, pure viene accettato, e non con rilut­tanza, in nome del rispetto che l'amore esige],
[Torino], 26 luglio 1855.
Amico carissimo,
Altro che un mese. Questa volta ho fatto un riposo di un mese e mezzo e se tu me la passi buona è un vero miracolo. La tua lettera 7 giugno inorridisco nel ripetermi la lontana data, ti ha già valso i miei complimenti, e sebbene tu abbia cessato di arrampicarti sugli specchi per contraccambiar meli non ci sei riuscito, per dio. Spero piuttosto che ti sarai vergognato di te stesso e che avrai portato una corona di fichi secchi sulla tomba de' tuoi mae­stri di geografia i quali avendo le orecchie che facevano velo agli occhi non seppero accorgersi che di una sola Stresa, dimenticando le altre due che hanno simile nome e che trovansi nei pressi in Piemonte. Ma lasciamola lì, poiché nella nostra sapienza geografica chi sa che cosa finirei per dire. Lasciamola IL Se verrai vedrai. Ammetto che il progresso fu in Piemonte un'improvvisa ne­cessità e che fu operato, più che a corsa, a salti, allo scopo di far giungere questo paese al livello della vicina Lombardia. Ma non ammetto che il Go­verno, e pochi uomini con esso, sieno la causa del suo attuale cammino sulla via del sempre progrediente incivilimento. Quando un paese ha ricevuto la buona spinta, come accadde qui dal '47 in poi, non si allenta più, cosi facil­mente; e meno si arresterebbe qui ove il nuovo ordine di cose è diventato di una necessità irrecusabile, e sulla quale non si potrebbe transigere. Il governo ha la smania di voler immischiarsi di tatto, di voler regolamentare tutto, di voler farsi bello di tutto Ma molte volte farebbe bene a pensare ad altro. Il paese, per esempio, reclama una buona organizzazione del credito fondiario e parecchi privati hanno fatto studi e progetti in proposito, ma il Governo li ha sempre attraversati, volendo, alla moda di Francia, regolare questa materia per legge. La legge fu presentata alle Camere, ma appunto perché infranciosata,