Rassegna storica del Risorgimento
ARCHIVIO DI STATO DI CREMONA CARTE BARGONI; BARGONI ANGELO CART
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Libri e periodici
ohe passarono le settimane dopo lo scoppio della guerra assunse posizioni più eri* tiche ip. 244). Quanto all'Osservatore Romano si. sarebbe dovuto seguirne l'atteggia* mento nei confronti di tutta quanta la politura estera italiana.
Il M. accusa i cattolici di essersi lasciati trasportare dalle ali dell'entusiasmo, senza troppo pensare alle conseguenze che tutto do avrebbe potuto produrre sul loro fnturo politico. Ciò che mancò fu soprattutto un organismo politico unitario, capace di dare una direttiva responsabile. Le voci di opposizione furono spesso sommerse dal forte clamore della grossa stampa cattolica d'informazione che arrivava dove non potevano arrivare organi minori ed aveva presa soprattutto nelle grandi citta, ma non' può escludersi che all'interno di molte coscienze cattoliche rimase il dubbio che non tutto fosse da esaltare ed applaudire (p. 251). Certo, non si può escludere; ma dalla documentazione portata dal M. risulta soltanto che, oltre le poche segnalate, le voci di opposizione risuonarono nel 1912 e la distinzione fra il momento iniziale d'entusiasmo e la delusione di poi mi sembra assolutamente necessaria.
Dopo i cattolici si torna di nuovo ai nazionalisti. M. ritiene (come Volpe) che il 1911 sia stato la prova generale del 15 e vede che dietro Corrndini e il suo nazionalismo dei produttori si profilava l'ombra di Antonio Salandra ... che... trovava nel nazionalismo... la leva per sviluppare e condurre avanti quella politica che porterà alle " radiose giornate " di maggio e all'intervento del 1915 (nella I ed., p. 254.; qui, p. 378). Ma nel 1911 Salandra nella discussione sul monopolio delle assicurazioni era stato già a capo della opposizione; subito dopo i giornali lo definirono il delfino di Sonnino.
Il TI capitolo è dedicato alla guerra futurista , non senza qualche equivoco e fraintendimento. Mi limito a rilevare circa le celebri terzine ami asburgiche della Canzone dei Dardanelli, che non fu Albertini che non ritenne opportuno pubblicarle, ma, come ai legge in varie edizioni, dalla seconda (prima per il pubblico, 1912) in poi (e non ora pubblicate nel 1929: p. 273, in nota), furono censurate perché ingiuriose verso una potenza alleata e verso il suo Sovrano. Per quel che riguarda Pascoli, il discorso avrebbe dovuto essere approfondito oltre ciò che l'A, cita da Gramsci e Salinari (p. 276 sg.), specialmente a proposito dell'emigrazione, tema che ricorre già in parecchie delle Odi e Inni del 1906 (oltre l'esaltazione del valor militare nell'Inno Alle batterie siciliane in cui è commemorata la battaglia di Adua: come i nazionalisti avrebbero fatto nellll). Ma il M. tende qui a sfatare la leggenda dell'entusiasmo dei soldati per la guerra. Egli ritiene che non si debbano trascurare quei sia pur timidi accenni di resistenza, di malumore, di opposizione all'impresa, che seppur non ebbero alcun peso politico, né forza di opinione pubblica, offrono l'immagine dello spirito con cui una parte del paese vide quella guerra. Trascurarle significa fermarsi a guardare la bella facciata di tutta la vicenda, significa ignorare, soprattutto, coloro che della guerra furono parti attive e da essa vennero toccati personalmente ( p. 280). Pubblica varie lettere di soldati e delle loro famiglie scritte, come nota egli stesso, quando ci ai rese conto che la conquista non era così semplice (p. 284). La maggior parte di tali lettere però è del 1912: la prima è di tre giorni dopo Sciora Sciat. Di certo malumore tra le truppe, di fenomeni ài scoraggiamento parlano anche le lettere di alti ufficiali (Trombi, Capello eco.); ma gli episodi più gravi riguardano ufficiali e sono anch'essi della primavera del '12, quando la situazione stagnante, l'inerzia e l'impossibilità di battere il nemico in campo aperto mettevano paura e orgasmo (che si manifestava nell'uso sproporzionato delle artiglierie}, scoraggiavano e innervosivano. Le più numerose furono le proteste dei soldati della classo '80 che, dopo aver terminato il servizio di leva, erano stati richiamati: dopo tanti mesi di guerra speravano di essere congedati (come nel maggio 1912 fu congedata In classe T88),
Quanto ni renitenti alla leva della classe 1892 non si può esci udore che una delle cause fosse la guerra, ma occorrerebbe confrontare i dati con quelli normali di reni* tenza alla leva in Italia e negli altri paesi europei.
Alcune proteste giunsero dal fronte : una in particolare (del 4 marzo 1912), colpisce. M. osserva giustamente che la lettera risente di un certo tipo di linguaggio socialista e anarchico, i cui temi propagandistici affiorano evidenti , ma soggiunge: