Rassegna storica del Risorgimento
JACOBINI DOMENICO MARIA
anno
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1971
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pagina
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605
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Il card. Domenica M. Jacobini 605
nell'ini pi orare la misericordia, e nel l'emendar si dalle proprie colpe (...). Quello che loro è necessario pel presente e per l'avvenire si è, .che custodiscano gelo* samente quella unione e concordia santa di spirito e di intenzione, che hanno osservato fin qui: che la osservino a costo del sacrificio della loro volontà e continuino a dare quel saggio di abnegazione che mi ha per tanti anni edificato. Mona. Jacobini continuava raccomandando l'opera dell'Oratorio domenicale e del* le feste principali dell'Associazione. Ricordava, quindi il significato delle scuole dell'Arti stiro-Operaia: Noi egli diceva non diamo ai giovani una istruzione vana, noi diamo loro nna istruzione educativa, e praticamente vantaggiosa. Tale deve essere l'insegnamento popolare; si vogliono far cristiani e artisti delle diverse classi. Questa è istruzione che edifica, conserva il carattere del nostro popolo senza deprimerlo, né elevarlo oltre la sua sfera. Ma la sua vera base è la formazione dello spirito; questo manca alle scuole moderne e perciò ne esce e ne uscirà quella turba di spostati che senza giovare a sé, nuocerà sempre alla pubblica quiete, per essere essa stessa miseramente ingannata. Esca al fuoco del Socialismo, prepara a questo superbo mondo, vero ladrone di un prò* gresso che non è suo, il pieno disinganno e l'ultima rovina . La lettera terminava con la raccomandazione a conservare l'onestà nel lavoro, fondamento della vita cristiana, e l'unione con Cristo: Quando i nostri operai al sorgere del sole della domenica si prostrano innanzi al vero sole della giustizia, lo invocano levando verso d'esso le mani purificate, cantano le sue lodi, assistono al sacrifizio della Croce, e partecipano della Vittima Immacolata, essi rendonsi santi e passano lieti le ore del lavoro guadagnandosi il pane col sudore della fronte. *)
Ma oltre che con i dirigenti e con i soci dell'Artistico-Operaia, mons. Jacobini mantenne, durante il suo periodo portoghese, contatti epistolari anche con importanti esponenti del laicato cattolico italiano. Di notevole interesse sono alcune lettere da lui inviate a Giuseppe Toniolo. I suoi caratteri seri* veva il 9 aprile 1893 da Lisbona al professore pisano mi sono sempre graditi, anzi le sue lettere sono per me Hate come una festa. Dimorando in questo estremo lembo di Europa, non ostante sia un giardino piantato in riva al l'oceano, e mi circondino le simpatie di questo popolo in vista dell'alta mia rappresentanza, pure sento sempre il desiderio della diletta patria, e apprezzo davvero quei che l'onorano. Ho letto la Rivista Internazionale e mi pare che rispecchia molto bene la meravigliosa enciclica Rerum Novarum. Le tinte che disegnano le cause genetiche della crisi attuale, la descrizione dell'opera rinno-vatrice sociale intrapresa da Leone XIII nel duplice campo teorico e pratico, confrontate da me col manifesto sorgere di un revivement nelle idee dei popoli europei, mi empiono il cuore di consolazione e di speranza. La rivista poi nel suo svolgimento primo mi soddisfa; parm i possa dare un pascolo vario e abbondante agli studiosi; ma sventuratamente non mi sono pervenuti che il secondo e il terzo fascicolo; non so come non ricevetti il primo, e la prego di farmelo avere. Non sono del resto si [illeggibile! in questi si urli da levarmi a giudice, sono un amatore, più un soeiofib che un sociologo >. Non mi pare sia facile proseguiva mons. Jacobini, rispondendo al Toniolo che gli aveva chiesto collaboratori per la rivista poter avere collaboratori in Portogallo, e molto meno associati. Qui pochissimi conoscono la nostra bdln lingua, e perciò non potrebbero leg-
>) La lettera in 1f ottonino itoW A nistico-0 fioraia, o. XV (1891), 13 novembre.