Rassegna storica del Risorgimento

JACOBINI DOMENICO MARIA
anno <1971>   pagina <616>
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Mario Casella
italiana e del Circolo di studi sociali. In seguito, pur tra momenti di in­certezza e perplessità si pensi soprattutto al colpo accusato dal prelato romano nel 1884 quando all'Esposizione di Torino fa negato il premio alla Artìstico* Operaia per il carattere confessionale dell'associazione romana mona. Ja-cobini restò sostanzialmente fedele al transigenti sino, attirando cosi su di sé, come appare anche dalle notìzie di fonte liberale cui si è fatto cenno, l'antipatia di alcuni illustri esponenti della Curia Romana, primi fra tutti 1 cardinali Mazzella e Rampolla. Cosi stando le cose, è azzardato attribuire ai due intran­sigenti porporati l'allontanamento di mons. Jacobini da Roma e la sua desti­nazione alla lontana Nunziatura Apostolica di Lisbona?
Una seconda riflessione riguardante la figura di Domenico Jacobini, si rife­risce alla molteplicità del suo impegno in seno al laicato romano. Si è visto. nel corso di questa ricerca, con quanta generosità il sacerdote romano contri buisse alla organizzazione del movimento cattolico a Roma. Si può dire cbe tra il 1869 anno di nascita della prima associazione cittadina, il Circolo S. Pietro > e il 1891 anno della sua partenza per Lisbona non sorgesse in Roma iniziativa senza che mons. Jacobini fosse tra i suoi promotori e soste nitori. Tutto ciò, se da una parte dimostra lo zelo instancabile che animò l'apo­stolato del nostro prelato, evidenzia, dall'altra, la tendenza di Domenico Jacobini a volersi occupare di tutti e di tatto, senza curarsi talvolta di andare in pro­fondità, ma limitandosi piuttosto ad un superficiale lavoro di esortazione e di orientamento. Tale tendenza, del resto, non è del solo Jacobini, ma è possìbile individuarla in quasi tutti i protagonisti del movimento cattolico romano del secondo Otocento. Si potrebbe dire, anzi, che fin dalle origini, fin dagli anni quelli intorno al 1870 in cui i cattolici romani cominciarono ad organiz­zarsi a difesa del papato e della Chiesa sia possibile cogliere, all'interno del laicato romano, la tendenza ad una certa genericità di programmi. Scorrendo gli statoti e gli stessi tìtoli delle associazioni sorte appunto in quegli anni ne abbiamo una evidente conferma: gli interessi cattolici, le buone opere, i diritti della S. Sede , la promozione della Fede cattolica romana e della buona morale costituiscono i settori verso cui i cattolici di Roma orientarono i loro sforzi. E non solo in quei primi anni. Vari lustri, infatti, dovettero tra­scorrere prima che i romani uscissero dal generico per orientare la loro azione verso obiettivi più. specifici e concreti. Tenendo presente ciò ai comprenderà facilmente il motivo per cui nel movimento cattolico romano del secondo Ottocento mancasse, specie a livello dirigenziale, un effettivo avvicendamento di uomini e di indirizzi di apostolato. Ora, tornando a mons. Jacobini, bisogna dire che egli, forse meno di altri ma certo in misura non trascurabile, risentì, specie all'inizio del suo apostolato fra i cattolici di Roma, dell'ambiente in cui visse. Non a caso il rimprovero che negli ambienti della curia romana veniva fatto, verso la fine del secolo, al Nostro era di volersi interessare di tutte le cose . *)
Ma veniamo alla terza ed ultima riflessione. Si riferisce alla ten­denza di alcune fonti di parte cattolica penso soprattutto al Bollettino dell'ArtÌBtico-Operaia e alla pubblicìstica fiorita all'interno delle associazioni romane ad esagerare l'opera svolta da mone. Jacobini nel campo sociale. A
i) Gir. la citata lettera di Jacobini al Tonio-Io del 24 maggio 1899 in BAV, Car­teggi Tomolo, n, 2725.