Rassegna storica del Risorgimento
GARIBALDI GIUSEPPE BIBLIOGRAFIA; GARIBALDINI BIOGRAFIE
anno
<
1971
>
pagina
<
658
>
658 Libri e periodici
BASII.ni CIAMIEA, L'Italia nel concerto europeo (18614867)} Torino, G. Giappichelli, 1966, in 8, ftp. 629. S.p.
L'amore avverte nella prefazione di non aver inteso comporre una storta della nostra politica estera, ma ricostruire la partecipazione italiana al concerto europeo delle potenze ed osservare lo svolgimento del medesimo concerto dalla finestra italiana.
L'interesse della ricerca, a prescindere dai singoli approfondimenti documentari con speciale riferimento alla questione d'Oriente, è nell'uver colto quanta vi è stato di dinamico e di sofferto nella partecipazione sarda e poi italiana al concerto, che si è dovuta far strada, guadagnandosi il riconoscimento delle grandi potenze attraverso un lungo ed accorto giuoco diplomatico d'inserimento, per l'uscita dal limbo dei piccoli paesi inascoltati e sotto tutela.
Di qui il particolare dinamismo della posizione italiana nel concerto, conte* stata sì da questo o quel grande (in primo luogo naturalmente, dall'Austria) per la modesta entità del peso politico che le dava pochi diritti e per i rischi di rottura dell'equilibrio internazionale, che il Risorgimento comportava, ma per ciò stesso dotata, nella sua precarietà stimolante, di una fervida volontà di presenza al tavolo della diplomazìa e di una prudente ma costante tendenza alla modificazione degli assetti, che s'intrecciava con tutte le spinte revisionistiche in atto.
Il lavoro d'inserimento prendeva spesso le mosse di lontano, con pazienti trattative su questioni distanti dai diretti interessi nazionali, ma rilevanti nella prassi diplomatica proprio in ragione della loro distanza, perché di solito gli Stati minori eran consultati (quando lo fossero) sulle sole questioni di stretta pertinenza alla loro situazione, mentre solo ai grandi spettava la visione panoramica della politica internazionale col diritto ad occuparsi degli affari altrui.
Lo sforzo per la partecipazione alle discussioni su questioni lontane si spiega con questa esigenza diplomatica di prestigio per contare di più poi sulle questioni vicine, ma anche con l'interesse a mettere in moto qualcosa nella storia, assecondando su terreni lontani impulsi nazionali e spinte modificatrici, che, a parte i valori ideali di solidarietà liberale, avrebbero potuto comunicarsi per analogia da un capo all'altro d'Europa, alterando progressivamente le strutture degli imperi sovranazionali.
Si colloca, in particolare, in questo quadro il contributo diplomatico sardo ed italiano al formarsi della nazione romena, analizzato dal Cialde.!, il quale tuttavia delinea un parziale mutamento di orientamenti dalla fase cavouriana, fondata sull'interdipendenza dei problemi e sui legami risorgimentali italo-balcanici, ad una fase postcavonriana ed in certo senso già postrisorgimentale, avutasi specialmente col Durando, in cui il governo italiano, posto in diversa condizione dai risultati raggiunti nella penisola, guardò all'oriente europeo e mediterraneo con specifiche preoccupazioni di politica estera rivolte a quel settore, per esercitarvi un'inlluenza in competizione con le potenze.
Tale ambizione mal si conciliava, in realtà, con le difficoltà, incontrate negli anni di Aspromonte e Mentana, per il completamento dell'unità nazionale e per sottrarsi in casa alla tutela francese.
Questi aspetti più vicini e pressanti della nostra politica estera sono lasciati piuttosto in secondo piano nel libro e ciò si giustifica, in parte, col metodo, consapevolmente seguito, di addentrare la ricerca in aspetti più lontani e meno conosciuti; in parte, però, ciò dipende da un certo condizionamento esercitato dalle fonti diplomatiche e governative e dalla scarsa attenzione ad una più larga opinione italiana sulla politica estero, comprendente le critiche dell opposizione.
Manca, per esempio, la correlazione tra la politica inglese verso l'Italia, spesso irritala per le scelte filofrancesi, ed il filone democratico mazziniano, avente la sua centrale propria in Londra; il disappunto britannico per gli stretti rapporti italo-francesi e per il pericolo deirespansione di Napoleone ni s'incontrava in vero, por reciproca influenza, con la polemica mazziniana contro la direziono moderata e col proposito, diffuso tra i democratici, di sostituire l'appoggio francese con quello dell'Inghilterra.