Rassegna storica del Risorgimento

PIACENZA STORIA 1800
anno <1972>   pagina <20>
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30 Emilia Nasalti Rocca
avevano riposto la loro speranza. II moto pertanto doveva estinguersi natu­ralmente.
La Comunità, adunatasi il 16 luglio, aveva già plaudito a questa energica presa di posizione contro i terribili popolari successi che non sono ancora sedati , pur non interessandosi del fatto economico, composta come era di gente d'ordine. Essa invitava il generale a proseguire nella strada delle energiche re­pressioni. Non poteva aderire alla istanza di un moto popolare.
Quando il 18 luglio uscì un decreto dei Duca che, con espressioni ormai arcaiche, deplorava l'offesa alla nostra Maestà e istituiva una Giunta straor-dinaria di polizia composta di magistrati togati e di militari presieduta dal pro-governatore che si era brillantemente comportato con facoltà di mano re­gia , contro i rei di conventicole e di sollevazioni, non si fa con questo atto che confermare e sanzionare le disposizioni del generale francese come fossero di emanazione ducale.
Tanto era scaduto il prestigio del legittimo antico regime che si manteneva solo per le opportunità diplomatiche della politica internazionale francese. Una sanzione a posteriori che vuole significare indirettamente la superiorità del nuovo governo militare straniero nei confronti del legittimo governo tradi­zionale, locale.
D'altra parte seguirono anche precise e indispensabili provvidenze anno­narie, estensione di obblighi, di ammassi, per ottenere la diminuzione dei prezzi delle granaglie.
Il 23 luglio la Comunità ancora insisteva in questo senso.
Tale era lo sfondo reale del moto piacentino nel 1800 che faceva seguito a fermenti, peraltro non ancora sviluppati e clamorosi, i quali basati sugli indi­rizzi dei tempi nuovi, si erano andati già infiltrando con intenzioni sobiìlatrici almeno dal 1796 con gli incitamenti nelle campagne attorno a Piacenza - di cui ci ha parlato il Benassi e con alcuni atteggiamenti nei giorni dell'ingresso dei francesi e con tentativi anche nelle borgate di Fiorenzuola e di Corte-maggiore nel 1798.
Ma in questa piccola crisi del 1800 non mancavano necessità obbiettive da parte delle classi bisognose. E non erano estranee le cause dovute agli egoismi di chi voleva lucrare in momenti di crisi.
Il cronista Salvi definisce infatti una situazione che non mancava di realtà ( la indiscretezza del possidenti nel vendere a prezzi alterati era solo motivo di una involontaria ma forzata sollevazione ). Non senza motivo alcune donne più sensibili al carovita furono alla testa di questa sollevazione. D'altra parte non è innegabile un certo sfruttamento dovuto alle dure condizioni di vita delle classi popolari che si volevano avvilire come perturbatrici della pubblica tra a qui il irà ed eventualmente reprìmere con la forza.
Lo stesso Salvi riferisce infatti una voce che allora correva ma che non possiamo accertare quanto fosse reale e che è importante sotto l'aspetto sociale.
Si sarebbe formata una unione di nobili che avrebbero costituito un fondo per compensare una grossa quantità di truppe le quali avrebbero dovuto intervenire nel caso di nuove sollevazioni. Si parlava di 8000 zecchini che sa­rebbe stato meglio impiegare in tanto grano con sollievo dei poveri. Un con­trasto di classi è dunque già espresso e non soltanto adombrato, in queste parole del cronista. Ci manca però ogni documentazione in proposito.
Cause politiche, canee economiche, soprattutto annonarie e già affioranti con­trasti di categorie e di interessi, di rivoluzione e di conservazione, preludono