Rassegna storica del Risorgimento

PIACENZA STORIA 1800
anno <1972>   pagina <31>
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Moto a Piacenza nel 2800
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10. Che non abbiano a pagare altri dazi che quelli i quali si pagavano ai tempi dei Principi Farnesi.
11. Finalmente che sia stabilita una Tassa a tutti i Tribunali-Io Doti. Sante Lusardi PodeBtà di Pianelle; e Notaro pubblico Piacentino
abilitato nella detta Pretura, in fede.
LBNY MONTAGNA, II dominio francese in Parma (1796-1814), Piacenza, 1906, p. 16.
Una di queste carte anonima e senza data [ma, 1796J, si conserva nel* rArcbivio di Parma; spedita il 10 Maggio dal Crescini al governo. Essa dice te­stualmente così:
Cittadini Piacentini! Svegliatevi una volta. Voi siete slati traditi e as-sasinati da un principe che perciò non è degno di governarvi. Rendetevi liberi ora che l'occasione vi si è aperta. Giovatevi della scorta e della protezione della Repubblica francese. Se in questo momento voi non ve ne approfittate, il giogo della tirannia si aggraverà sempre più sopra di voi. Ascoltate le voci di un buon cittadino che vi parla pel vostro maggior bene e per la comune felicità.
V
Da UMBERTO BENASSI, Il generale Bonaparte ed il duca e i Giacobini di Parma e Piacenza, in Archivio Storico per le Provincie Parmensi, Parma, 1912, p. 232.
Ne rimasero esaltati gli animi più fervidi, e in particolare il Doti. Belcini. Questi aveva già tentato di guadagnare qualche contadino alla causa della rivo­luzione. Trovatine alcuni che stavan lavorando, nel Comune di S. Lazzaro presso la città, aveva preso a parlare ad essi come conoscente, compassionandoli per la loro aspra fatica e miserabile condizione; essi lavoravano tutto il giorno per rac­cogliere il bel pane bianco per signori e mangiar il nero, oltre all'essere strapaz­zati; ben altrimenti andavan le cose in uno stato repubblicano; i contadini di Francia lavoravan per se non pei padroni; avevan tutti i diritti del cittadino ed eran tutti uguali, non lavoravano che sei ore al giorno, e potevan anche aspirare a qualsiasi carica; epperò non dovevano essi opporsi, ma anzi prestar mano, nel caso che fosse scoppiata in Piacenza, una rivoluzione. Ma nelle campagne il popolo era affatto immaturo alla propaganda giacobina qui come altrove; ba­stava che il governo ducale frenasse e sorvegliasse qualche feudatario più im­prudente nelle sue prepotenze e perseguitasse i pochi preti seguaci delle nuove idee, perché la reazione trionfasse, con grave anzi e temutissimo pericolo di eccessi antigiacobini, che il Ministro e il Duca deploravano vivamente e cerca­vano di prevenire, per paura delle rappresaglie francesi.
Tuttavia, insofferente d'ogni indugio e così infervorato, da portar, con pò-chissimi altri, la coccarda sul panciotto sotto il vestito, ma in maniera visibile, si diede il Belcini a raccogliere firme di diversi piacentini sotto un memoriale