Rassegna storica del Risorgimento
PRALORMO, CARLO GIUSEPPE BERAUDO DI ; MILANO ; GUERRA 1848-1849
anno
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1920
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pagina
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22
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A. PONZA.-DI 8. MARTINO
è più adatta la denominazione di partito degli avvocati, sotto la quale era designato dai contemporanei.
Il popolo piemontese, fra le tante sue belle qualità, non ebbe mai quella dell'immaginazione. Chiamato nel '48 a godere dei benefizi di una libertà il cui bisogno non era sentito che <la pochi, ed i cui limiti pratici erano da pochissimi intuiti, esso, preso così alla sprovvista, non seppe creare in quell'occasione nulla di originale. E poiché alla parola libertà si univano, come ricordo più recente e-geograficamente più vicino, le reminiscenze della Rivoluzione' francese, i liberali dell'ultima ora si credettero quasi obbligati a riprodurre, per quanto era dato loro, atteggiamenti e discorsi del classico '89.
Qualche punto di contatto tra via Francia del vecchio regime e; il Piemonte anteriore al '48 realmente vi era.
Esisteva una Monarchia assoluta, esisteva una nobiltà alla quale per tradizione erano riservati cariche ed onori, esisteva un clero discretamente ricco e potente. Non mancava infine un mèdio ceto, tenuto in condizioni di inferiorità rispetto agli ordini superiori, né un proletariato essenzialmente agricolo.
Ma l'analogia si arrestava a questo punto, giacché i principi di Casa Savoia non ostentarono mai un fasto che potesse offendere la miseria del popolo, non abusarono mai del potere assoluto. Che se Carlo felice, se Carlo Alberto, nei suoi primi anni di regno, 6i indussero a dare qualche esempio di severità, la loro condotta in tali circostanze va giudicata con largo criterio di relatività, tenendo conto dell'identificazione che il concetto assolutista stabiliva tra Sovrano e Stato, e di quanto succedeva nei paesi vicini senza che l'opinione pubblica se ne commovesse troppo, come vorrebbero far credere, forse in perfetta buona fede, oratori e scrittori del periodo successivo a quello in cui i fatti si verificarono.
La nobiltà accaparrava, è vero, la maggior parte delle cariche e degli onori; ma prima a stupirsi, se fosse accaduto altrimenti, sarebbe stata la gran maggioranza del popolo, che alla nobiltà, più che soggètto, era sinceramente affezionato e devoto. Ciò perchè la classe nobiliare, generalmente povera, viveva a contatto del contadino come forse in nessun'altra regione d'Italia e in nessun'altra nazione j e lungi dal-l'opprimerlo, dallo sfruttarlo, dall'irritarto con -un lusso smodato, no divideva, sia pure con qualche accondiscendenza, gioie e dolori, ed era considerata come la naturale rappresentante presso il potere centrale delle aspirazioni e dei bisogni della plebe dello campagne.