Rassegna storica del Risorgimento

BATTAGLIA DI MENTANA 1867; MARRELLI PIETRO
anno <1972>   pagina <47>
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Pietro Murrelli
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lasciava la città tra l'entusiasmo generale, si può facilmente intuire quale dovesse essere il potere esercitato dal nuovo Comitato. Su questa linea di rinnovamento, per cancellare ogni traccia della decrepita bardatura borbonica , esso pretese la rimozione dai loro incarichi dei magistrati Tommaso Scaramuzza e Achille Rosica, rimasti ormai l'unico puntello dell'antico regime. E, continuando nella vertiginosa trasformazione delle vecchie strutture, diede un insolito impulso al­l'opera innovatrice soprattutto quando concesse alla Guardia Nazionale di fre­giarsi della coccarda tricolore al posto di quella borbonica. In momenti così solenni sembravano voci nel deserto le minacce del ministro di Polizia e i proclami regi che sfoggiavano vistosi richiami al doveroso rispetto delle istitu­zioni tradizionali.
Ad infrangere il sogno di libertà giunsero inaspettatamente i fatti del 15 maggio. In Aquila all'indignazione generale seguì un periodo d'intensa propa­ganda liberale diretta a ridestare nel popolo la volontà di difendere con tutti i mezzi le concessioni revocate. A tale scopo furono diffuse due stampe, Appello ai novelli collegi elettorali e Protesta della Provincia deWAquila per i fatti del 15 maggio, firmate dal Comitato aquilano. Nella prima si invitavano i cittadini ad accorrere alle urne per rieleggere gli uomini che avevano saputo ottenere dal Re la Costituzione . *) Vi si affermava che la scelta dei deputati era Tunica ancora di salvezza politica; diversamente sarebbe stato legittimato ogni at­tentato alla libertà che avrebbe avuto nel futuro funeste conseguenze. Perciò si doveva lottare con tutti i mezzi affinché quella pagina della storia non fosse tramandata così nera ai più tardi nepoti .
La. seconda lamentava la violazione dello Statuto e dei liberi diritti civili;z) domandava al Governo lealtà e franchezza per avere in cambio fedeltà e cordiale soccorso; chiedeva l'annullamento di tutti gli atti incostituzionali; mi­nacciava di fare appello all'Europa intera, ai popoli ed ai Principi Italiani, al santo e magnanimo Pio IX, e soprattutto a Dio ottimo massimo Padre della libertà .
Al ritorno delle truppe borboniche in città, si diede inizio ad una dura repressione, che gettò in prigione molti patrioti, con arbitrarie imputazioni di atti e parole tendenti a spargere il malcontento e a minare le forme per cambiare Io Stato . Il D'Ayala fu condannalo a morte in contumacia.
Fino al dicembre del 1848 nessuna indagine BÌ mosse sull'operato del Co­mitato aquilano, ma quando fu sporta denuncia anonima al maresciallo Landi, il quale l'8 gennaio 1850 la rimise al Procuratore generale del Re, i nostri patrioti furono tratti in arresto.
Il processo che si apri era basato sui seguenti cinque capi d'accusa: 1) cospirazione ed attentato contro la sicurezza dello Stato; 2) discorsi provo­catori in luoghi pubblici, cartelli affissi e circolazione di scritti stampati invitanti alla sollevazione degli abitanti del regno; 3) fatti e discorsi pubblici, tenuti in luogo pubblico, al fine di spargere il malcontento contro il Governo; 4) per il Marrelli e il Cappa sottrazione del processo contro gli stessi compilato; 5) per il Marrelli e il Cappa reiterazione in misfatto.3)
i) Sentenza del 12 luglio 1851, A. S. Processi, 142/Inv. 93. Vi si conserva anche un esemplare della suddetta stampa.
2) Ibidem.
3) Ibidem.