Rassegna storica del Risorgimento

BATTAGLIA DI MENTANA 1867; MARRELLI PIETRO
anno <1972>   pagina <56>
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Sestilio Antonio Falasca
l'animo di tutti restò il dubbio ohe si volesse novellamente abusare della buona fede del Generale per aver quindi campo a finirla definitivamente con lui e suoi seguaci . Circolavano voci di neri progetti liberticidi . Il tentativo dì conciliazione falla, ed in seguito a Firenze regnava una canna opprimente . che faceva pensare che si atesse elaborando e fecondando qualche grande av­venimento del tutto occulto ed ignoto . ')
Anche i democratici stavano tuttavia elaborando un piano di vasta portala in concomitanza alle burrascose vicende internazionali. La mancata guerra sul Reno, però, tolse loro una grande occasione e arrestò il programma insurrezio­nale giunto a maturazione. Ne derivò una delusione generale, cui segui un leg­gero sbandamento per le divergenze di vedute circa il piano d'azione da adottare.
Mazzini dal canto suo incitava i repubblicani a raccogliere le forze per il supremo sforzo e si doleva di veder Garibaldi fatalmente destinato a dare forza ad una Monarchia cadente e sempre preso dall'indecisione di gettarsi nella lotta , abbracciando i principi puramente democratici e la giusta causa della Nazione .2)
1 n clip end en temente da queste divergenze in seno alle forze democratiche, era ormai convinzione generale che qualunque tentativo in territorio pontificio dovesse essere sorretto dall'insurrezione di Roma. Si condannavano perciò quelle sporadiche ed isolate manifestazioni di disturbo e di guerriglia verso lo Stato pontificio che già cominciavano a verificarsi. Anche l'opera del Mazzini fu diretta, in questo particolare momento, a prender tempo per portare a termine l'organizzazione, concentrando tutti gli sforzi su Roma, da cui doveva propa­garsi l'incendio dell'insurrezione. Ciò per impedire che un tentativo in pro­vincia potesse risolversi, con un probabile intervento governativo, in una pura e semplice annessione di essa da parte della Monarchia, lasciando certa­mente Roma al Papa . Per questo timore il Mazzini non teneva conto del quando si dovesse agire, ma del come condurre l'azione, senza restrizioni di tempo e senza correre il rischio di porgere ingenuamente la mano alla Mo­narchia e consolidarne così il potere. Questo piano a lunga scadenza, però, non convinceva, sia per il disaccordo con Garibaldi, sia per la penuria di mezzi ne­cessari all'impresa. 3J
A creare maggiore confusione in campo democratico contribuivano l'intem­peranza e l'impazienza dei giovani. Infatti la gioventù che aveva militato sotto la bandiera garibaldina, o ne aveva soltanto conosciuto le leggendarie imprese, durava fatica a rientrare nell'alveo di una normale esistenza. Porgeva quindi at­tenzione a qualsiasi atto che facesse presagire una nuova quanto attraente epopea. Fu appunto l'impazienza giovanile che spìnse un pugno di ardimentosi, riuniti a Terni, a portare avanti un'azione intempestiva ai confini dello Stato pontificio. Questo tentativo era appoggiato da Garibaldi e dai Comitati Nazio­nale e d'Insurrezione di Roma e di Terni. I cent quattro giovani, che presero parte a questo conato, male equipaggiati e non sorretti da un promesso moto all'in cerno dello Stato romano, caddero in un'imboscata ad opera di un plotone del 7 Granatieri, nei pressi di Ponte Catino di Castelnuovo, mentre si appre-
i) B. P., Scafi". L 28, voi. I, ti. 9; F. Cannella a P. Marroni, Firenze, 20 maggio 1867; B. P., Scafi*. L 28, voi. I, n. 59; Idem a P. Marcelli, Firenze, 6 luglio 1867.
2) B. R, Scafi". L 28, voL I, n. 12; Virgilio Estivai a P. Marrelli, Firenze. 25 maggio 1867.
3} B. I'.. Scafi*. L 28, voi. I, n. la; V. Estivai a P. Marrelli, senza data.