Rassegna storica del Risorgimento
BATTAGLIA DI MENTANA 1867; MARRELLI PIETRO
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1972
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Pietro Monetti
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in tulli i battaglioni fu operato uno spurgo di malandrini e di vigliacchi >, i quali, disarmali, furono scortati al confine e lasciati liberi. I battaglioni da 22 furono ridotti a 15. '-1
A spegnere l'ebbrezza del successo di Monterotondo intervenne l'atteggia* mento del Governo, clic con un proclama regio del 27 ottobre dichiarava sciolti i comitati insurrezionali, sotto pena per i contravventori di incorrere in gravi sanzioni per attentato alla sicurezza interna ed estera dello Stalo. Intimava alle truppe volontarie nel territorio pontificio di evacuarlo al più presto. Deplorava la violazione dei confini romani da parte dei garibaldini. È indubbio che esso fece impallidire le speranze dei patrioti di arrivare a Roma; tanto più che già si profilava un deciso attacco francese. Infatti le truppe napoleoniche sbarcavano a Civitavecchia il 28 ottobre. Tristi presentimenti pesavano sull'atmosfera ormai non più euforica. Le previsioni pessimistiche del Mambelli e di altri organizzatori sembravano produrre i loro dannosi effetti. L'Atriese coglieva l'occasione dagli ultimi eventi per ribadire al Marrelli che era impossibile andare a Roma senza prima calpestare il cadavere della monarchia . Egli, di fronte all'insorgere di tante incertezze, di tanti deleteri equivoci che sopraggiungevano improvvisamente a compromettere un'azione che sembrava ormai ben avviata, si domandava che cosa avrebbe fatto ora Garibaldi. Sarebbe corso a Napoli per strìngere la bandiera della rivoluzione, sollevare le Calabrie* la Sicilia, gli Abruzzi, e gittar tutto in fiamme per divorar tutti i nemici d'Italia ? Sarebbe stata per l'Atriese l'unica cosa da farsi, visto che tutti i mali del presente erano nel sistema e derivavano in parte anche dall'aver condotto la preparazione derogando ai principi mazziniani, secondo i quali le rivoluzioni non si devono improvvisare. Se si fosse agito come voleva Mazzini il popolo romano non si sarebbe mostrato indifferente all'ingresso dei garibaldini , e in tre giorni si sarebbe infiammato lo Stato papale, né i francesi avrebbero potuto rafforzare le orde papaline, né i coronati avrebbero avuto tempo a discutere la vergogna d'Italia .2) Angelo Voce da Gagliano biasimava col nostro patriota l'inerzia governativa e Inattività del Nerone francese, mentre temeva fortemente per la vita di Garibaldi, che si trovava ora a combattere contro forze maggiori per numero e per armamento.3)
In molte città ci furono dimostrazioni e agitazioni popolari, e in molli luoghi i manifesti governativi furono lacerati o deturpati, quando non vi si scrissero parole ingiuriose e minacciose. A Chieti vi fu grande fermento per la mossa governativa, ma si sperava nell'effetto contrario, cioè in un'agitazione generale. Molte erano le preoccupazioni per la falsariga in cui si era posto il Governo. Da tutte le parti giungevano voci di indignazione contro quella che veniva giudicata per una violazione ai liberi diritti di associazione tutelali dallo statuto . Con l'indignazione naturalmente nasceva anche la preoccupazione che il proclama potesse sortire gli effetti voluti dal Governo, di sciogliere, cioè, il corpo dei volontari, intimorendo i pavidi e impedendo i rifornimenti. Insomma si stava diffondendo una pesante e preoccupante atmosfera, che, a detta dei più,
1) B. P Scafi*. L 28, voi. HI, n. 84; V. Scanna a P. Marrelli, Monterotondo, 31
ottobre [18671.
2) B. Pn Scaff. L 28, voi. IH, n. 70; A. Mambelli a P. Marrelli, Atri, 29 ottobre
1867.
3) B. Pn Scaff. L 28, voi. IH, n. 72; A. Voce a P. Marrelli, Gagliano, 29 ottobre
1867.