Rassegna storica del Risorgimento

MUSEO FIORONI DI LEGNAGO
anno <1972>   pagina <101>
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Libri e periodici
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gjore efficienza del sistema di organizzazione amministrativa francese, l'imitazione del quale andava, per certi aspetti ed in alcune repioni, anche più lontano nel tempo del momento, di fondamentale importanza per la nostra storta civile, della recezione della legge 29 piovoso anno Vili negli Stati oggetto della dominazione napoleonica. Non sarebbe sluto mole forse, da questo angolo visuale che fosse stato integrato il saggio del Ruflìlli sui Problemi dell'organizzazione amministrativa dell'Italia liberale. Pur riflettendo l'ansia interdisciplinare di fondere l'esperienza scientifica di varie materie storiche, pubblicistiche, economiche e sociologiche al fine di meglio epiegare le ragioni e la funzionalità di quell'organizzazione, e ponendosi il piusto fine di supe­rare lo schema formalistico ed isolazionalistico della tradizionale analisi amministra liva, il Raffilli è caduto nell'opposta tendenza di ignorare pressoché completamente i canoni propri di quell'anali che pure aveva avuto un'importanza essenziale oltre che per la formazione di generazioni di burocrati, anche per la preparazione di nomini politici, si pensi a giuristi di alto livello come Orlando o Salandra, o a semplici uomini di legge, ma profondi conoscitori dell'amministrazione pubblica, come Crispi e Giolitti. È probabile che molli interrogativi, sollevati dalla lettura di questo saggio del Ruffilli, potrebbero cadere ampliando ed integrando gli studi sullo svolgimento della scienza italiana del diritto amministrativo che sembra aver riflesso il modo di essere dell'organizzazione statale come misero successivamente in rilievo il Rava, il Dorsi, il Bozzi e lo stesso Giannini. Vero è, però, che ponendosi su posizioni più affini a quelle dà questa linea interpretativa, il Romanelli ha compiuto un primo serio tentativo di interpretare l'opera crispina con lo studio su Francesco Crispi e Ut ri­forma delio Stato nella svolta del 1887, mentre Anna Rossi Dori a ha offerto un inte­ressante contributo Per la storia del decentramento conservatore: Antonio di Rudinì e hi riforme, studi questi che tendono a collegare i problemi della formazione di una classe politica e quello del suo operare sul piano delle strutture pubbliche. La con* traddizione più volte segnalata da biografi e storici tra un Crispi autoritario come polìtico e riformatore come amministratore, però, resta per certi aspetti tuttora evi­dente anche so il Romanelli ha compiuto un lodevole sforzo per ridimensionare que­sto secondo aspetto dell'azione dello statista siciliano affermando che, malgrado ogni contraria apparenza, la sua riforma amministrativa si è colorata di un manto conser­vatore ed autoritario rivelandosi come il completamento del sistema accentrato posto in essere dalla Destra vent'anni e più prima. È una contraddizione che non è facile superare anche per l'indiscutibile progresso compiuto in età crispina dalla legisla­zione amministrativa italiana per l'influenza prevalente di teorici dello Stato e del diritto del livello di Silvio Spaventa, e che, probabilmente, potrà essere ulteriormente chiarita attraverso l'approfondimento di quella cultura giuridica e di quella pubblici-stira politica di fin di secolo dai contenuti chiaramente statualisti e formalisti. Questi contenuti, perfezionatisi nel tempo anche per l'influsso della cultura tedesca, hanno sempre costituito l'elemento caratterizzante della scienza amministrativistica italiana in età liberale, come era logico dato il modo stesso in cui venne a compiersi la rivo­luzione nazionale, ad opera cioè di una classe dirigente naturalmente portata, dopo secoli di dominazione degli stranieri e dei loro vassalli laici ed ecclesiastici, ad idea­lizzare e ad esaltare il nuovo Stato e le sue leggi. Né, peraltro, era conosciuta né, quindi, applicabile la sola alternativa istituzionale valida al modello accentrato domi­nante la scena a m ministrai iva: quella del self government di marca britannica, così fortemente contrastante nelle sue fondamenta sociali con la realtà strutturale di un paese dal ceto dirìgente limitato e fragile come era allora l'Italia. Per cui si rivela esatto il giudizio di Anna Rossi Dorìa sulle cause del fallimento e dello svuotamento progressivo di quelle ipotesi deoentralizztfici di vario tipo, ma tutte egualmente con­servatrici formulate olla fino del secolo dal Oi Rudinì allo scopo evidente di raffor­zare le posizioni di privilegio locale disila borghesia provinciale agrarie contro l'emi­nente potere statale.
Né peraltro, va mai dimenticata la considerazione del carattere progressista e tendenzialmente democratico attribuito dal pensiero liberale dell'Ottocento all'accen­tramento, visto come strumento di unificazione nazionale a vantaggio di ceti e classi