Rassegna storica del Risorgimento

MUSEO FIORONI DI LEGNAGO
anno <1972>   pagina <113>
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Libri e periodici 113
Frequenti gli aspri giudizi sulla natura morale e intellettuale dell'uno o dell'altro come quando, ad esempio, definisce Orlando mirabile di attiviti mentale e materiale ma anche compreso da ima vanità che manifesta quasi infantilmente, parlando conti­nuamente di sé e delle proprie straordinarie qualità (nota del 30 marzo 1919), o quando di Sonnino afferma ebe l'uomo è davvero in grande e penosa decadenza: alternante fra eccessi di pertinacia Isterica e di depressione; minacciante ad ogni tratto di andarsene via ma, ha realtà, disposto a tutto subire, pur di non andarsene (nota del 24 aprile).
Certo, al di là delle notazioni a carattere personale quel che ci interessa nel libro di Salandra è la disamina del fallimento delle nostre aspettative ed illusioni alla Conferenza della pace. E se si dovette attendere il novembre 1920 per trovare solu­zione con il Trattato di Rapallo allo spinoso problema delle frontiere orientali, no­stro unico obiettivo a Versailles, senz'altro molto dipese dall'atteggiamento non pro­prio corretto e spesso ostile assunto nei confronti dell'Italia dall'Intesa e in partico­lare dal presidente Wilson, ma anche e soprattutto da un fatale disaccordo da parte dei nostri massimi rappresentanti, disaccordo che poi Orlando cercò di minimizzare o addirittura di negare nelle sne Memorie. Questo del resto trovava riscontro nel pro­fondo contrasto che divideva il paese tra coloro che tutto pretendevano, con i nazio­nalisti tra i più agitati, e chi, come Salvemini e Bissolati ad esempio, mostrava mag­gior comprensione per le esigenze nazionali altrui; disparità di vedute che spaccava in due anche gli ambienti, militari per mere ragioni di opportunismo, desiderosa la Marina di creare nell'Adriatico nuove basi navali e preoccupato l'Esercito del troppo dispendio di uomini e di mezzi necessario alla loro difesa. A Parigi cosi da un lato Vera Orlando che inizialmente reclamava l'italiana Fiume, disposto a rinunciare alla Dalmazia e ad instaurare in tal modo rapporti di buon vicinato con il giovane Stato jugoslavo, in linea con le direttive del Patto di Roma dell'aprile 1918, per irrigidirsi alla fine sulla rivendicazione dell'intera Dalmazia oltre a Fiume, preoccupato in que­sto delle agitazioni dei nazionalisti e della slampa sonniniana, oppure ed è l'inter­pretazione di Gifuni desideroso di mostrare al cospetto degli Alleati unità di in­tenti nella nostra Delegazione; dall'altro lato, invece, Sonnino inflessibile nel volere l'integrale applicazione dì quel Patto di Londra (sua vera e propria crea­tura oltre che di Salandra), che nell'aprile del 1915 ci aveva spinto a schierarci dalla parte di Francia ed Inghilterra riconoscendo all'Italia come principale compenso il possesso della Dalmazia. In ultimo, in base al principio di nazionalità, richiedeva di diritto la città di Fiume, che quel Patto non prevedeva.
L'errore più grande di Sonnino, e quindi di Orlando, che ne avallò le richieste, fa proprio quello di non aver compreso l'anacronismo del Patto di Londra che non prevedeva la nascita di nuovi Stati nei Balcani ed anzi si sorreggeva sul presupposto della conservazione dell'impero austro-ungarico quale indispensabile antagonista della politica egemonica degli zar nell'Adriatico. Fu una fatale mancanza di duttilità e di realismo politico che tuttavia non sorprende per chi conosca la personalità dello statista toscano che lo rese insensibile alle mutate condizioni storiche e sociali del­l'Europa, talché non si avvide, e con. Ini tutta la nostra classe dirigente dell'epoca, che in quel momento sarebbe stato forse più opportuno cercare presso gli Alleati un aiuto alla nostra economia piuttosto che ingrandimenti territoriali, o almeno questi aitimi non oltre certi limiti ragionevoli. Sotto questo profilo, del resto, di affetto di realismo e di abilità diplomatica, può essere riguardato tutto il comportamento di Orlando e Sonnino In risposta a quello che può senz'altro definirsi un gesto privo di correttezza e di lealtà del presidente Wilson, il famoso proclama dell'aprile 1919 ri­volto al popolo italiano, Teano bestiale come lo definisce Salandra (e questo uno dei tanti problemi alla cui giusta valutazione il libro di un notevole contributo) H programma dei due, e in particola* modo di Sennino, restava quindi condizionato