Rassegna storica del Risorgimento
MUSEO FIORONI DI LEGNAGO
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1972
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pagina
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115
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Libri e periodici 115
mente al nostro insuccesso diplomatico, gli stessi equivoci (anche se non tutti interpretati nel senso da noi espresso) insiti nell'impossibile utopia wilsoniana a cai fij inchinano tutti in un linguaggio convenzionale di untuoso pacifismo , vengono impietosamente lumeggiati da Salandra nel suo libro con scorato acume. È veramente n restituire a una dimensione più inrima e più umana a volte grottesco retroscena . eventi ufficiali dalla enorme portata storica. Eppure in ultima analisi il punto di vista da cui Salandra riguarda quegli eventi non mostra, a nostro giudizio un realismo politico maggiore che negli uomini da lui confutati; sgomento di fronte al ribollimento di falso parlamentarismo in cai gli sembra precipitato il paese in quegli anni agitati del dopoguerra non sa comprendere i tempi mutati, né mettere a fuoco le forze nuove ed eversive nate da quel ribollimento. E, seguendo una linea di condotta costante nella sua precedente milizia politica, ai rifa utopisticamente a un'Italia governata dalle forze sane della nazione, eredi del partito liberale che aveva compiuto il Risorgimento. Indubbio atto di coerenza, ma anche astratto e impossibile vagheggiamento che di fronte ai compromessi e alle piccole battaglie di corridoio inevitabili nelle trattative di pace rivelò a Salandra troppo poco confacente ai suoi ideali la propria permanenza nella capitale francese. Nella lunga insonnia , scrive la mattina del 25 aprile, sono pervenuto al giudizio sicuro che la delegazione italiana non ha servito come avrebbe dovuto e potuto gli interessi del Paese e che non sicuramente ma probabilmente l'attuale completa sconfitta diplomatica avrebbe potato evitarsi. La severa censura colpisce anche me, perché vi entrai e perché, pure avendone il desiderio e rendendomi conto del suo disastroso procedere, non ho avuto la forza di uscirne. Qualche giorno dopo, il 1 maggio, comunicò ad Orlando le sue irrimediabili dimissioni. In nessuna ipotesi ritornerò a Parigi.
EUGENIO SBARDJEXLA
Carteggio D'Annunzia-MussoUm (1919-1938), a cura di RENZO DE FELICE e EMILIO MA HI A NO; Milano, Mondadori, 1971, in 8, pp. CLII-513. L. 4.500.
Senza entrare nel merito dell'interessarne contributo del Mariano concernente Significali e strutture letterarie del carteggio, proprio per il carattere letterario dell'analisi che può essere meglio recensita in una rivista di cultura e di umanità (e non di storia del Risorgimento), vogliamo segnalare innanzi tutto il fatto che si tratta dell'edizione integrale del carteggio D'Annunrio-Mussolini, debitamente annotato, con bibliografia, indici, appendici ecc., mentre senz'altro di prim'ordine è la ricostruzione data dal De Felice sui rapporti politici tra i due protagonisti negli anni dal 1919 al '38, dall'impresa di Fiume alla morte del poeta. Ed anzi primi anni del carteggio, ben al di là della testimonianza autobiografica che dà di senso contemporaneo degli orientamenti,, della sensibilità del temperamento di due uomini, offrono una singolare immagine della vita politico italiana, della società e della classe dirigente, delle ten* -ioni e delle crisi ricorrenti dalla fine della guerra all'avvento del fascismo al potere. Se D'Annunzio si estraniò dalla vita politica dopo l'impresa fiumana e non aderì mai, sostanzialmente, al fascismo, i suoi rapporti col capo del governo dopo il '22 furono continui e sovente insidiati da sospetti e riserve, che alcuni recensori, non hanno mancato di sottolineare (ofr. ad es. L. Salvatorelli, Lo Stampa, 14 maggio 1971; Leo Va* liani, Corriere dello Sera, 30 marzo 1971; 6. Paladini, Gazzetta di Mantova, 4 gennaio 1972) nel dar conto dell'importanza e del significato politico del carteggio il quale, nella introduzione del De Felice, ai raccomanda soprattutto perché conforta con altra documentazione la crisi dello Stato liberale, la volontà di rivolta contro l'or-dine costituito in molti legionari umani, di divario di valutazione di fronte all'im-