Rassegna storica del Risorgimento

MAZZINI GIUSEPPE LETTERE
anno <1972>   pagina <241>
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Inediti mazziniani
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in tutto il paese il malcontento era grande e soprattutto in quei patrioti che, originariamente repubblicani, si erano bensì slaccati da Mazzini, accettando la politica di Cavour e la soluzione monarchica, ma si erano poi sentiti sempre più profondamente delusi, dopo il '60, dalla politica del nuovo regno. Mazzini ritiene ora singolarmente propizio il momento, sfruttando lo stato d'animo generale e approfittando della presenza di trentamila volontari ancora in armi, per una insurrezione generale. Propone a Garibaldi di porsi a guida di quei volontari e per quel fine. Ma Garibaldi rifiuta: Voi vi illudete sullo spirito del paese gli scrive il 29 agosto Esso... farà nell'avvenire, ma per ora non è capace di corrispondere al parere vostro... Io non intendo sostituire alla Monarchia la Repubblica. Le circostanze non son da tanto, e più virtuosi si voglion gli nomini per la Repubblica . ')
Nobilissima è la risposta di Mazzini del 1" settembre,2) che conviene rileg­gere in alcuni brani, perché vi traspare inalterata l'idea guida di tutte le sue azioni, la fede nella rivoluzione come strumento di rigenerazione morale, e l'esi­genza della verità senza compromessi. Non mi crediate troppo illuso : conosco e sento nell'animo il guasto del Paese; ma so che tutti i paesi che seguirono una grande iniziativa erano guasti come il nostro: la Francia nell'80, la nostra "Roma nel '49, e via così. Un fatto splendido, ardito, fondato sul Vero, li trascina -dove non sognavano il giorno prima. Per far cose grandi, i popoli non aspettano mai d'esser virtuosi: son le cose grandi.... che li fanno virtuosi... Se non credete il nostro popolo maturo per l'ozio/ie, bisogna educarlo, e non s'educa a forti fatti se non con la Verità. Ora, la verità è che colla monarchia l'Italia non sarà mai virtuosa né grande: si corromperà più sempre. Ci voglia un anno, ce ne vogliano dieci, il nostro dovere... è dirgli la Verità .
Attraverso i due scritti che ho qui sopra pubblicati, si è potuto cogliere Mazzini in due momenti distìnti del secondo periodo della sua vita e della sua attività: periodo aperto da quel fatale 1853, che segna indubbiamente l'inizio della parabola discendente, del declino, ciò intendendosi principalmente riguardo alla influenza diretta di Mazzini sugli avvenimenti politici ed al progressivo distacco dalle posizioni mazziniane della maggior parte di quelli che potevano essere (e che furono) i protagonisti dell'azione politica e insurrezionale. Ma mentre negli anni dal '53 al '57, attraverso tutti gli sterili e luttuosi conati rivoluzionari, sembra accentuarsi il carattere utopistico e talvolta settario del­l'azione mazziniana, nell'ultimo scorcio della sua esistenza Mazzini s'innalza di nuovo nella sua piena statura morale. Egli è veramente, fra gli uomini del Risorgimento, forse Punico che non sia mai sceso a compromessi; egli ha sof­ferto per decenni, esule, denigrato, calunniato, isolato, senza vacillare nella Bua fede; egli ha veduto più in là di tutti gli altri, ha constatato l'avverarsi delle sue previsioni pessimisti che ; e tuttavia non cede, riafferma l'esigenza del dovere, dell'impegno totale, della ricerca assidua della verità. Anche per questo egli ci appare oggi, fra gli italiani dett'800, di una tempra eccezionale e diversa , nel senso che egli è troppo difforme dalle qualità medie degli italiani. Ed anche questo mi sembra giusto sottolineare oggi, mentre si celebra il centesimo anni­versario della sua morte.
ELENA. SAN EST
) Riferita in SEI, voi. LXXXJV, cit, p. 3, nota 1. i) Ibid., pp. 3-S.
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