Rassegna storica del Risorgimento

DE CAESARIS DOMENICO CARTE; DE CAESARIS (FAMIGLIA) CARTE
anno <1972>   pagina <263>
immagine non disponibile

Le carte De Caesaris
263
occhio e alla sua sensibilità, non soltanto che facesse parte del mondo in cui si era trapiantato, ma anche di quello pennese che non intendeva lasciarsi sfug­gire per quanto lungo potesse esserne il distacco. Bisogna anche dire che se il suo animo si esacerbava talvolta, dettandogli rimproveri e intemerate, Dome meo era anche pronto a riconoscere il merito dì chi lo assecondava; dice, in­fatti, al nipote, in una lettera dei 15 febbraio 1843:
Mi compiaccio ancora sentire che i nostri interessi vallino (sic) regolarmente e che tn facci (sic) conoscere al mondo di essere mio allievo...
Alla moglie confidava, non senza palese compiacimento, le difficoltà incon­trate nel suo aforzo di adattamento al nuovo ambiente e il prezzo pagato per i successi:
Qoando qui giunsi tutti mi credettero un Greco per cui fui abbracciato da una Signora e molti parlavano in Greco ed io rimanevo come UH C ... Conosciuto poi per quello che sono, cioè Domenico De Caesaris, come tutti mi chiamano, con questi Corfiotti amici ci ho fatto delle risate del loro malinteso, li compatisco perché i miei mostacci mi facevano credere Greco. Ti ho -fatto queste ciarle, affinché conosci (sic) che la virtù unitamente al denaro è sempre rispettata, per coi siate tutti virtuosi, badate agl'interessi di Famiglia, e tenete conto del denaro...')
L'esortazione finale è chiaramente indicativa di un modo di pensare da cui scaturisce l'atteggiamento del De Caesaris nei confronti del Risorgimento, o me­glio dei moti insurrezionali: la virtù produce denaro e il denaro obbliga alla virtù, sicché chi gode una posizione di prestigio economico contrae dei doveri civili che deve assolvere autorevolmente e che lo spingono a farsi avanti nei momenti di mag­giore travaglio, accettando, al di sopra di ogni ideologia, compiti di responsa­bilità nei confronti dell'ordine pubblico e della sicurezza dei più. Meglio se tutto ciò è compiuto in favore di un ordine nuovo e al fianco delle persone mental­mente più aperte e appartenenti alla slessa classe, quella borghese. La corrispon­denza da Correi è importante proprio perché consente di cogliere queste sfuma­ture; essa si rivela carica di vigore grazie ad affermazioni di altissima dignità che attenuano le disposizioni puramente economiche impartite per Io più al nipote Antonio. Sembra che la libertà di cui Domenico gode in Grecia, lo inebri e Io stimoli. Il 9 agosto del *43 confessa alla moglie:
. Mi spingi a tornare, ed io lo desidero, ma non vorrei che mi accadesse quanto avvenne al fu Geremia Mazza, mentre qui godo, grazie alla Provvidenza, perfeltis-sima solate e piena libertà. Pria dunque di a tanto decidermi, voglio sapere come son trattati i reduci dai ferri e in specie il sig. De Sanctis. -''
Se la Sotto Intendenza è tata ripristinata in Penne che ne sarà dei sig/ri For­cella e Castiglione e ti prevengo ohe neanche un centesimo voglio perdere...
t) Lettera senza data.
2} Sigismondo Do Sanctis aveva partecipato allo sollevazione angolana del 1814 ed era decurione di Penne con Domenico e Nicola De Caesaris al momento dell'in surrezione del 1837; fece anche parte della Commissione costituzionale in quell'occasio­ne e si vide condannato all'ergastolo (B. COSTANTINI, Intorno al processo di Penne pei fatti del 1837* in Rivista Abruzzese* fase. IX-X, Teramo, 1914).