Rassegna storica del Risorgimento

CALANDRELLI ALESSANDRO; STATO PONTIFICIO STORIA 1849-1853
anno <1972>   pagina <550>
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550 Giuseppe Motimgrati
pur senza risultare decisivi, i reiterati interventi dei diplomatici prussiani dove­vano aver avuto un certo peso: è anche probabile che una buona parola in favore del nipote l'abbia spesa Ignazio Calandrelli, il famoso astronomo che rifuggendo da ogni presa di posizione politica, all'ombra di un asettico amore per la scienza si conservò per tutta la vita suddito irreprensibile del suo sovrano (. remercie mon onde,1) raccomandava Alessandro alla sorella pochi attimi prima di la­sciare Roma per raggiungere il carcere di Ancona). A lutto rio si deve aggiungere un'altra considerazione, che forse fu quella che più delle altre, ossia sommandosi alle altre, determinò il provvedimento di clemenza: Pio IX, cioè, non potè certo astenersi dal valutare l'inopportunità politica di un atteggiamento che si pale* sasse rigoroso fino alle estreme conseguenze giungendo forse a concludere che non valeva la pena di accanirsi contro un uomo, tra l'altro abbastanza popolare, cui già si guardava come ad una testimonianza vivente della crudeltà della reazione papale; senza contare che una esecuzione effettuata a due anni di distanza dal compimento dei delitti per i quali era stata decretata non avrebbe più contenuto quella carica di esemplarità che avrebbe magari contribuito a giustificarla.
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Sulla detenzione di Calandrelli nella cella della Darsena di Ancona ha scritto due brevi e non impeccabili articoli Gualtiero Santini,2) e ad essi riman­diamo chi voglia documentarsi soprattutto su quelle che erano le condizioni di vita dei prigionieri, politici e non, in uno dei bagni penali più tetri di tutto Io Stato pontificio. Quello che unicamente ci preme di vedere da vicino, anche ai fini di una migliore comprensione delle prossime pagine, è il modo con cui i detenuti mantenevano i contatti con l'esterno. Naturalmente era consentita la corrispondenza con i parenti, ma la sorveglianza esercitata sugli scritti in par­tenza o in arrivo era talmente rigida da spingere ogni recluso a cercare un mezzo più sicuro e più fedele per far sentire la propria voce. Sistemi evidentemente non ne mancavano, e si può dire che praticamente in ogni oggetto spedito o ricevuto si nascondeva Un veicolo segreto di notizie.3) Per rendere più diffìcile il compito delle autorità carcerarie in caso eli intercettazione del messaggio clan­destino e a garanzia di una maggiore sicurezza, ci si serviva solitamente di una scrittura cifrata.
Le Carte Calandrelli ci offrono in proposito qualche breve, illuminante te* siimonianza: di scrittura cifrata si parla per esempio in una lettera non auto­grafa, chiaramente la trascrizione di un originale in cifra andato perduto, che contiene una descrizione del carcere di Ancona: Invece del punto, uso le le-
1) La lettera, datata settembre 1851, fu pubblicata da L. I'IANCIANI, La Rome des Pnpcs CÌL, IIT, p. 302; nelle Carte Calandrelli non è compreso l'originale che proba-Ini mente è andato smarrito.
2) G. SANTINI, Alessandra Calandrelli e la vita dei prigionieri politici e comuni nella Darsena di Ancona dal 18S1 al 1853, in Le Marche nel Risorgimento italiano, Macerato, a. IH (1927), u. 1, pp. 6-12; la., L'ergastolo di Ancona, esur. da Rendiconti > dell'Istituto marchigiano di Scienze, Lettere ed Arti di Ancona, voi. XX (1955*1960).
3) Un elenco piuttosto nutrito di questi espedienti, sì può leggere in A, Lu-CATELLI'L. Mie ucci. Carità di patria. Ai fratelli dimenticati. Ricordo, Roma, 1889. pp. 129-130.