Rassegna storica del Risorgimento

ESERCITO ITALIANO 1861-1866; STATI PREUNITARI ESERCITI 1859-186
anno <1972>   pagina <578>
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Massimo Mazzetti
campale combattala durame la conquista del regno di Napoli, quella del Voi* turno, Garibaldi potè disporre di circa la meta dei gregari del suo esercito (22.574 su 45.496), inquadrati però da meno di un quarto degli ufficiali (1746 su 7343).'> Era evidente che in ogni caso una selezione ai imponeva*) e ciò- era indispensabile soprattutto per una forza in formazione come era in quel momento l'esercito italiano, che, per di più, non disponeva di quadri omogenei ed aveva, come abbiamo visto, gravosi compiti da risolvere.
Comincio cosi l'odissea degli ufficiali garibaldini. Il comando volontari a Napoli dispensò dal servizio, dopo un primo esame, 2.608 ufficiali, mentre una speciale commissione del ministero della guerra, distaccata a Napoli, ne dimise 630 Nello stesso tempo in Sicilia gli ufficiali eliminati o dimissio­nari furono 997, un totale, cioè, di 4235. Non deve, quindi, stupire se in que­sta situazione 159 ufficiali garibaldini preferirono far valere i loro titoli quali ex appartenenti all'esercito del regno delle Due Sicilie per entrare e far parte delle forze armate nazionali. Ai 2.949 ufficiali rimasti fu ordinato di presen­tarsi, pena la decadenza, entro il 15 febbraio ai depositi in Piemonte; 2.766 ufficiali si presentarono e, a seguito del decreto dell'll aprile 1861 che istitui­va il Corpo dei Volontari Italiani, furono per la quasi totalità messi in aspet­tativa per riduzione di corpo. Dopo circa un anno, formatosi il governo Rat-lazzi, ragioni politiche e, come abbiamo visto, anche militari, consigliarono l'immissione degli ufficiali garibaldini superstiti nell'esercito regolare. Nono* stante la situazione non felice in cui si trovava l'esercito, l'immissione non mancò di suscitare perplessità nell'ambiente militare. Questa misura vera* mente radicale scrive infatti il Corsi, mentre sovveniva, in qualche modo, che non era il peggiore possibile, al gran bisogno d'ufficiali risultante da quei colossali aumenti delle milizie regolari, era consigliata da ragioni politiche cosi gravi e stringenti da mostrarla indispensabile ed urgentissima. Dopo l'ammissione degli ufficiali emiliani, non si poteva nemmeno riguardarla come una novità. Di più gli ufficiali provenienti dalle milizie meridionali avevano avuto occasione di segnalarsi, per valore personale se non altro. Ricevendoli nelle sue file, l'esercito non guadagnava molto, è vero, dal lato della militare abilità e della pratica, ma però acquistava un tesoro d'ingegno, di zelo e di caldi e vigorosi spirili che poteva giovargli assai. I fatti hanno poi mostrato come l'utile fosse molto maggiore del danno, e mal fondati fossero i timori e gli sdegni dei primi momenti.3)
Ad onta degli sdegni e dei timori dei loro nuovi colleghi a seguito del regio decreto 28 marzo 1862, 6 tenenti generali, 6 maggiori generali, 34 colon* nelli, 47 tenenti colonnelli, 130 maggiori, 384 capitani, 393 tenenti e 874 sottotenenti entrarono a far parte dell'esercito nazionale e con essi 125 cap­
ti F. MOLHESE, Lo sàoglimeitio dell'esercito meridionale di., p. 13.
2) Non ci sembra, infatti, che porta essere condivisa l'opinione del Pieri secondo cui per quanto riguarda gli ufficiali garibaldini pur ammettendo che fossero troppi, sì doveva tener conto anche qui del problema sociale, dell'opportunità di dare una posizione a tanti piccoli borghesi cui le industrie non offrivano un adeguato sfogo come nel nord (P. PiBBi, op. c'u., p. 56). Lasciamo al lettore valutare l'efficienza di un esercito che fungesse da ufficio collocamento per piccoli borghesi disoccupati.
3) C. CORSI, OD. cfc, voi. II, p. 20.