Rassegna storica del Risorgimento
ESERCITO ITALIANO 1861-1866; STATI PREUNITARI ESERCITI 1859-186
anno
<
1972
>
pagina
<
589
>
CU Marciti pre-unitari e quello italiano 589
venienti dall'esercito sardo e gli altri, equilibrio che, con gli anni, ora inevita hi Intente destinato a modificarsi a vantaggio di quest'ultimi poiché gli ex sottufficiali, che costituivano la componente più cospicua della presenza piemontese nell'esercito, non erano in genere destinati a fare una gran carriera.
Tornando agli avvenimenti del 1866, è fuor di dubbio che l'esercito ita liano ai presentava come un assieme non omogeneo e che questa carenza era maggiore negli alti gradi, in cui non erano sopite le diffidenze tra gli ufficiali delle varie provenienze (si penai ai sospetti sull'eventuale comportamento del borbonico Pianell) e le rivalità tra gli stessi generali piemontesi o piemon-tesizzati (come il dissidio tra La Marmerà ed il Cialdini). Per i motivi che abbiamo esposto, inoltre, la mancanza di omogeneità era più sensibile nei gradi intermedi che non tra i subalterni.
Subito dopo l'Unità era stata di somma importanza la creazione di un forte organismo militare, perché si era trattato, come si è visto, né più, né meno di una questione di sopravvivenza; superata, però, la crisi dopo il 1863, cessale le promozioni in massa, il numero degli ufficiali, che aveva raggiunto nel '63 la cifra massima di 16.127, scese l'anno successivo a 15.927 per ridursi ancora a 15.507 nel '65. ''
Alla fase del tumultuoso sviluppo organico dei primi anni post-unitari, era subentrato un periodo d'assestamento e di riduzioni dei quadri, risultati nella pratica eccedenti le necessità dell'esercito; inoltre il sistema delle prò-mozioni per anzianità portava più e più alto uomini che avevano fatto ottima figura alla testa d'una compagnia e d'un battaglione, ma non erano forse capaci di farne una eguale alla testa di un reggimento o di una brigata. Por seguivasi quel sistema, che aveva fatto buona prova sino allora nell'esercito sardo, per non disgustare i vecchi soldati, custodi della buona disciplina, e perché non si volea dare adito a intrighi, favori, capricci e via dicendo.2) Si imponeva, pertanto, una verifica pratica della capacità dei singoli a ricoprire effettivamente le funzioni del grado troppo rapidamente raggiunto. Una tale verifica non poteva avvenire che molto lentamente specie per i comandanti delle unità maggiori che, per il tipo di operazioni in cui fu impegnato l'esercito nell'Italia me* ridionale, ebbero poche occasioni di dar prova delle loro capacità. Il Corsi, che abbiamo più volte citato, scrive a proposito della situazione generale dell'esercito nel '66: Cosi composte, le milizie italiane, nonostante le cure poste a disciplinarle e addestrarle, a fronte d'un vecchio esercito assiso su basi che avevano già resistito a molte forti scosse, quale quello austriaco, non potevano rappresentare potenze militari pari alla loro massa. Costituivano corpo assai più. bello che robusto. Per tale riguardo, se quell'impresa del Veneto fosse stata di quelle da ritardarsi a piacere, protrarla di qualche anno oltre il 1866, sarebbe stato vantaggioso all'Italia .') Non gli si può certo dar torto. I risultali della nostra indagine, infatti confermano pienamente quanto è stato affermato dal Corsi. In effetti il processo di omogeneizzazione era appena agli inizi, sia tra le truppe, sia nei quadri, quando l'esercito fu chiamato ad una nuova prova e, se i 239 ufficiali feriti (tra cui 7 generali) testimoniano il co
i) GENOVA DI REVEI., op. cit.. pp. 161 e 190.
2) C. CORSI, op. ciu, voi. II, p. 19.
3) Ibidem, p, 22.