Rassegna storica del Risorgimento

MUSEO CENTRALE DEL RISORGIMENTO MOSTRE
anno <1972>   pagina <628>
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628 Libri e periodici
Le convinzioni e l'azione politica di Albert ini trovarono il loro elemento dina* miro nella critica intransigente, contìnua, si potrebbe dire addirittura viscerale, di Gio-lini e del sistema gioliti i a no. Le molle politiche e morali e le linee direttrici di fondo dellantigiolittismo alberliniano Bono forse l'aspetto pia ovvio, e meglio conosciuto, della vita pubblica del direttore del Corriere, e non preme quindi soffermarvisi, se non per osservare che Bariè ha saputo molto bene cogliere i limiti di questa opposizione a Giolitti e metterne a nudo le non poche né lievi contraddizioni. Contraddizioni e incoe­renze che, fra l'altro, potevano avere conseguenze negative per quello stesso regime parlamentare liberale cui era tanto attaccato e che si preoccupava, risanandolo, di sal­vare: come quando, contro il parlamentarismo gioii ninno, sosteneva che il paese era sano e bisognava farvi appello. Intendeva con paese o l'elettorato che aveva ripetuta' mente eletto la maggioranza gioliitiana (che egli considerava responsabile o correspon­sabile della decadenza delle istituzioni parlamentari); o il paese ureale", in buona parte, ovviamente, il paese che fino al 19X3 non votava, che egli non voleva vedere accedere alle urne perché politicamente immaturo e ineducato, e che in effetti nelle ele­zioni del '13 inflisse il colpo decisivo al parlamentarismo giolittiano. Erano bensì con trad dizioni e incoerenze cui lo inducevano non un vizio, per così dire, della sua con­cezione liberale, ma un errore nel giudicare la realtà politica del suo tempo; un peccato di dottrinarismo cui lo portava la riluttanza a veder adottare al paese " l'abito con la gobba " di Giolitti ; la speranza (e qui l'Ai berti ni era l'ottimista mentre Giolitti era il pessimista) che attraverso un'opera di risanamento dei metodi elettorali, "il paese tal qua! era ", non quello del suffragio universale, potesse eleggere una maggioranza M de* gna ", coerente, non disposta a compromessi, non condizionata dal vantaggio personale. Ma questo dottrinarismo poteva indurre Albedini, si è detto, ad assunzioni pericolose per Io stesso regime parlamentare: come accecato un po' dal fervore interventista, un po' dalla diffidenza ormai diventata un fatto... costituzionale per la maggioranza gio­ii ttiana fu quella di considerare espressione del "paese" le manifestazioni del " mag­gio radioso " del 1915 .
Lo stesso interventismo di Albertini. del resto, ebbe radici profonde proprio nel suo antigiolittismo (e in ciò egli non fu certo un caso unico fra gli interventisti): fu, in certa misura almeno, ansia di trovare lo strumento definitivo per affossare il sistema giolittiano e tutto ciò che questo, a suo giudizio, implicava di altamente nocivo per l'Italia, non meno che il frutto di un convincimento uberamente maturato sulle alterna­tive di politica estera che si offrivano alla nozione in quel momento cruciale della sua storia. Ma già l'impresa libica era stata vista da Albertini soprattutto nei suoi riflessi di politica interna, come l'occasione, da afferrare con virile coraggio, per restituire al paese, alla sua classe politica, alla borghesia italiana, il vigoroso sentimento di unità nazionale, quel senso dello Stato, che avevano ai suoi occhi perduto. Dominato da que­sta prospettiva scrive Bariè a proposito della guerra di Libia egli fu indotto a con­siderarla, sotto l'angolo visuale della politica estera, un fatto passeggero, una ipoteca da riscuotere per ritornare poi, rinfrancati e rafforzati dal successo dell'impresa, sulla strada interrotta, quella dei più diretti, immediati interessi della nazione italiane ai suoi confini orientali, nei Balcani e nell'Adriatico .
Se l'interventismo portò Albertini ad accentuare il suo accostamento alla destra malandrina ed a rendere ancora più rigidi certi caratteri nettamente conservatori del suo liberalismo, la politica delle nazionalità, da lui abbracciata e vigorosamente soste­nuta nell'ultimo periodo della guerra, soprattutto dopo l'intervento degli Stati Uniti e dopo la disfatta di Capo retto, fu invece il principale solvente proprio di quell'irrigidi­mento, il vero catalizzatore che mise in moto un notevole processo evolutivo nei suoi atteggiamenti di fondo sulle grandi questioni della politica italiana. Come rileva Bariè, che nel delineare dettagliatamente questa evoluzione trova uno dei momenti più febei della sua biografia: e Fu proprio l'essersi assunto l'iniziativa di questa politica e l'aver mantenuto poi nel movimento ebe la sostenne e cercò di attuarla una posizione cen­trale e coerente, a determinare una trasformazione del liberalismo di Luigi Albertini quali i problemi della politica interna del tempo di guerra erano riusciti ad avviare ma non a completare: a fargli percorrere senza abiure o clamorosi mutamenti di fronte