Rassegna storica del Risorgimento

GALLETTI GIUSEPPE
anno <1973>   pagina <17>
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Ultime delusioni di G. Galletti
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settarietà altrui. Sia pure con una certa ingenuità per quanto riguardava il modo della sua eventuale utilizzazione, ammetteva un'altra realtà:
io non poteva andare soldato e volontario, perché la mia età e ì patimenti sofferti mi resero impotente alle fatiche del semplice soldato: doveva perciò attendere che mi si chiamasse a quella posizione che Garibaldi avesse stimata conveniente a me, e giovevole a lui, foss'anche quella di semplice aiutante. Ma invano attesi; pa­zienza!
Un accenno al suo desiderio e, in certo modo, al tentativo fatto di essere chiamato da Garibaldi, ce io offre una sua lettera al generale del 19 giugno per presentargli Gaetano Menarisci, già ufficiale dei suoi carabinieri a Roma. Egli vi dirà come vessi desiderato d'essere con voi e sotto gli ordini vostri: vi dirà la mia posizione, i miei voti, e se stimate che io possa rendere qualche servizio a voi non avete che ad aprire la bocca e sarò di volo sulle vostre orme . ' In fondo, nonostante questo appello finale, egli doveva essere convinto che anche nel campo garibaldino non c'era più nulla da fare per lui.
Si comprende, quindi, come il tono delle lettere di questo periodo sia improntato al tema della ingratitudine altrui e al -mancato mantenimento della ormai lontana promessa cavouriana. Tutta colpa della maligna in­fluenza dei moderati. Un argomento che già ricompare in pieno nella let­tera al Cevasco del 17 giugno, parzialmente pubblicata dal Neri, che merita di essere confrontata con quella a Garibaldi:
Montevecchio, 17 giugno 1860
Mio caro Cevasco, le vostre benevoli parole mi sono scese al cuore, e vi hanno portato un dolce sollievo: l'udire da voi lealissimo che gli amici mi rendono giu­stizia, e che l'abbandono mortificante in che mi lasciò il Governo si riguarda come ttna ingiustizia scema il dolore che mi colpì; e che purtroppo perdura ancora. Ma gli amici seppero ancora che io ne* primi giorni del '59 offeriva a Cavour ed al Re la mia spada, e la povera opera mia? Seppero ancora che Cavour con nobile e cortese risposta mi assicurava che neWora del bisogno avrebbe fatto assegna.' mento sopra di me? È ciò che desidero vivamente sia conosciuto onde non si credesse che ne' momenti del bisogno io fossi rimasto volontariamente inope­roso. Se volessero copia delle due lettere ve le manderò. Cavour avrebbe fatto il dover suo e mantenuta la promessa: fu la maligna influenza di Farmi e di Minghetti che mi respinse. Oh costoro, e il primo specialmente* fecero grandi mali, e se lo slancio degli Italiani e il supremo pensiero della patria non avessero fatto tacere ogni altro affetto, sarebbero nati gravissimi fatti.
1) GHISAL8KKTI, Uomini e cose ecc. ott., p. 199. Scarsi sono i resti della corrispon­denza tra Galletti e Garibaldi. Si vedano le due lettere di quest'ultimo da Caprera del 27 gennaio 1861 e 30 gennaio 1866, in MA IOLI, Garibaldi a Bologna eiu, p. 137, e l'altra del 19 luglio 1870, in GHisALBBim, Uomini e cose ecc. cit., pp. 188-189, nella quale la vedova di Onofrio Galletti scopriva un messaggio cifrato nell'ingenuo accenno a bot­tiglie di medicinali...