Rassegna storica del Risorgimento
CONGRESSI NAPOLI-CAPUA 1972; DEMOCRATICI ITALIA 1860-1862; ITAL
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Democrazia e mazziniunesimo 49
alla Patria non danno nulla, anche per questa meschinità vogliono prima vederci chiaro come se si trattasse di qualche speculazione (n. 5637). Allo stesso Mario, il 21 maggio, da Monterado di Senigallia, un Leonida Baiò*. Montanari, che è stato sollecitato ripetutamente perché svolga attiva opera di propaganda, ri* sponde, invece, non soltanto che non si trova più a Santarcangelo, ma che nel nuovo centro centro agricolo non potrebbe esercitare la professione medica se si dedicasse ancora a diffondere princìpi di libertà (n. 5625). Né l'atteggia-mento del Montanari è da giudicare esclusivamente nel profilo di una preoccupazione personale o nel profilo della mentalità e degli interessi di chi dovrebbe accogliere quelle idee di libertà, bensì si deve tener conto pure della difficoltà opposta dalle forze al potere, come ci induce a fare la lettera di un Gaetano Tal* linucci, che da Barga, il 23 giugno scrive a Mosto, 'trasmettendogli una corrispondenza sulle persecuzioni alle quali sono soggetti i democratici
Senza voler ricorrere a facili generalizzazioni, sono certamente motivi, questi accennati, che non possono non ricorrere anche nelle regioni meridionali. Ed infatti troviamo che da Poggio Moia no, il 20 maggio, un Don Francesco An-geloni scrive alla Commissione esecutiva che è mutile organizzare un'associazione in un piccolo paese: egli si limiterà, per ora, a educare il popolo.
Si profila pure, però, in quel tempo, il pericolo dell'opera di chi è legato al regime passato. Ed ecco che da Fasano, il 31 maggio, a nome della locale società degli operai, un Michelangelo Schiavone scrive a Mario, denunciando la retriva Società filantropica ed avvertendo che non è opportuno accoglierla nell'Associazione emancipatrice: è vero che quella società si oppone al governo, ma lo fa sperando in una restaurazione borbonica. Le accuse dello Schiavone potrebbero anche essere infondate, ma di là dal caso particolare esse ci rifanno presente una delle condizioni del tempo, nel Mezzogiorno.
Ancor più significativa, per la complessità delle indicazioni che ne emergono, è, comunque, la lettera che il 29 giugno Azaele Ventrella indirizza a Mosto da Ruvo (Bari), su carta intestata del Comitato di Provvedimento; giova soffermarsi su di essa. Il Ventrella comunica che il 20 maggio ha partecipato ad un'assemblea a Bari e che declina ogni mandato perché si è accorto che quell'assemblea è stata promossa da una gamorra . Egli ha sciolto, anzi, l'associazione emancipatrice che aveva fondato. E qui particolarmente significative appaiono le motivazioni politiche addotte dal Ventrella a giustificazione del proprio atteggiamento :
Co testa società Emancipatrice cade negli stessi errori del Governo, perché insciente delle condizioni morali di queste popolazioni. Popoli abbrutiti nel servaggio, inscienti dei diritti e doveri di cittadini, demoralizzata oltremodo; tali popoli, dico, vanno mano dotti, ed educati, non emancipati del tutto.
Il Ventrella dichiara, tuttavia, di credere nell'avvenire e di essere pronto, nel 1862, ad ogni appello, come già nel 1860; non, però, a collaborare con l'Emancipatrice: le sue circolari egli scrìve è bene che le facciano andare in giro coloro ì quali ormai hanno preso la direzione deli*Emancipatrice locale.
Alquanto strano appare, invece, che il Ventrella non si mostri al corrente del dissidio fra bertaniani e beHazziani, sì. da chiedere al Mosto di interessarsi per il rimborso agli abbonati delle quote versate per il sospeso Roma e Venezia (n. 1581).
Si può, infine, non tener conto, pur nell'atmosfera emozionale della crisi d'Aspromonte, di quel che il 30 agosto, da Napoli, il De Boni (se l'attribuzione è esatta) scrive al Mario: