Rassegna storica del Risorgimento
GUERRA MONDIALE 1914-1918; INTERVENTISMO; ITALIA NEUTRALIT? 191
anno
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1973
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93
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Neutralità ed intervento
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rivoltellate di Saraievo, 8*era avverata la profezia di Bismarck: una qualche sciocchezza in Balcania scatenerà la guerra.
Come avrebbe potuto l'Italia sottrarsi a quella lotta, avendo anch'essa i suoi problemi da risolvere? Fra i suoi problemi faceva spicco quello sintetizzato nel nome delle due maggiori città irredente, Trento e Trieste, e la guerra fu vista essenzialmente con la visione e i sentimenti degli irredentisti. Studenti avevano affrontato anche le cariche di cavalleria per gridare Trento e Trieste sotto i consolati d'Austria, era vivo il ricordo del martirio di Oberdan, un generale era stato messo bruscamente a riposo perché parlando ai suoi ufficiali aveva ribadito l'ineluttabile rivendicazione delle terre irredente. Quelli che non hanno vissuto quei tempi non possono immaginare cosa significasse allora dire impero asburgico, unico residuo del Medio Evo, se ne provava un senso di oppressione e di soperchieria e, con muto dolore, si guardavano sulle carte geografiche i veramente iniqui confini del *66, il saliente del Trentino, che affondava il suo vertice nelle acque del lago di Garda, la pianura friulana che inconcepibilmente diventava terra straniera e da là di un fiume di modeste proporzioni, una porta aperta, per la quale nei secoli erano entrate le invasioni barbariche. Opportunamente Franco Valsecchi, al Congresso di Trento {Atti del XLI Congresso., p. 45) rilevò che l'irredentismo, in seno all'interventismo del 1914*15, non fu la semplice rivendicazione dà Trento e Trieste, ma fu -il riallacciamento, l'inquadramento della causa delle due città in quella generale delle nazionalità che dove* vano essere liberate secondo la tradizione e la concezione mazziniane.
Vano discutere se la grande massa del popolo italiano voleva la guerra. La massa ha sempre seguito chi ha saputo dirigerla e questo è avvenuto anche durante il Risorgimento, tanto che, con affermazione alquanto paradossale, ma indicativa della realtà, è stato detto che -il Risorgimento fu opera di diecimila borghesi. Del resto, se ci rifacciamo per un momento 'alla romanità, dobbiamo riconoscere che, dopo Canne, Roma non sarebbe stata salva se non avesse avuto una classe dirigente eletta, sceltissima, quale nessun altro popolo ha mai saputo esprimere dal suo seno e che fu pari alla gravita dell'ora e indirizzò lo sforzo di tutto il popolo romano.
Nella primavera del 1915, se la maggioranza del Parlamento era ossequiente a Giolitti, la maggioranza della classe borghese era per la guerra e verso la guerra orientava l'opinione pubblica. Le dimostrazioni di piazza non erano organizzate, neppure i partiti erano organizzati con apparati di funzionari e di impiegati, contavano pochi ascritti e vivevano di idee e ideali, che solo un numero limitato di cittadini recepiva; la stessa questione sociale suscitava a volte manifestazioni violente, come la tristemente famosa settimana rossa , e non mancavano tumulti e moti popolari, ma non aveva generato odii diffusi, sanguinari, quali purtroppo abbiamo conosciuto più tardi. Comunque, durame la nostra neutralità, nessuno agitò vessilli di istanze sociali ; in quel periodo, le dimostrazioni di piazza erano promosse soltanto per l'intervento in guerra o per la neutralità-Ma era assai più facile promuovere le prime che le seconde, principali animatori erano gli studenti, e con loro era la gioventù, e verso di loro gli uomini di età matura avevano comprensione, indulgenza, adesione. Cosi per la guerra dimostrò di essere l'opinione pubblica, della quale furono espressione gli elementi più vivi, più intraprendenti, più attivi. La borghesia proclamava i principi di libertà accanto a quelli irredentisti; ai affiancarono i radicali, eredi dell'idea mazziniana, i socialisti riformisti* il cui leader Bissolati non si limitò a propugnare IHntervento, ma si arruolò, a 58 anni di età, semplice alpino e combatté