Rassegna storica del Risorgimento

GUERRA MONDIALE 1914-1918; INTERVENTISMO; ITALIA NEUTRALIT? 191
anno <1973>   pagina <94>
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94 Luigi Mondinl i
in prima linea; i sindacalista, il eoi esponente Filippo Corridoni cadde sul Carso; i repubblicani con Burattai e Chiesa; e non si può negare il peso che ebbe Padesione di Mussolini, perché il suo esempio trascinò molte coscienze, tanto improvvisamente e clamorosamente si manifestò. Lui, un sovversivo come si amava definirlo, che era stato tra i più violenti agitatori della settimana rossa s, aveva abbandonalo il partito socialista, dal quale non molto tempo prima aveva cacciato à riformisti, giudicati troppo tiepidi, aveva fondato un giornale e con irniente veemenza chiamava a raccolta il proletariato, perché scendesse in lotta. Bisogna a questo punto ricordare che i democratici predicavano la guerra come una crociata antimperialista e vi vedevano un mezzo per consentire al proletariato di essere a guerra finita sul piede di eguaglianza accanto alla borghesia, con tutte le forze economiche dello Stato. Anche la massoneria mise al servizio della causa dell'intervento la sua influenza, che non era trascurabile in alcuni settori del medio ceto, e fu fra gli organizzatori della spedizione gari­baldina nelle Argonne.
Non certo fra gli ultimi a far lievitare la massa, furono gli intellettuali, in testa Gabriele d'Annunzio, che già aveva cantato la Patria durante la guerra li­bica, con le Canzoni per la gesta d'Oltremare e aveva visto censurata l'invettiva a Francesco Giuseppe. Le sue erano parole che trovavano rispondenza nei cuori, destavano fremiti ed impeti, la gioventù sentiva quel richiamo e la parola Patria veniva pronunciata con lettera maiuscola. Gli intellettuali andavano in guerra, cadde Renato Serra, cadde Giosuè Borsi, Antonio Baldini fu ferito, tanti parti­vano per il fronte portando i manoscritti dei loro versi nel tascapane, come Ungaretti e Cardarelli, e quanti di noi avevamo nella cassetta d'ordinanza Dante e le poesie di Carducci, allora non considerato retorico e basta?
Fra gli intellettuali, un cenno particolare va dedicato agli irredenti che sfi­dando il capestro e vi fu chi lo trovò ripararono in Italia e furono d'esem­pio nella lotta : Scipio Slataper, gli Stuparich, Xidias, Venezian, Fauro, per nomi­nare i primi che vengono in mente, mentre Arturo Colautti spronava: Mettetevi bene in mente che se il Paese non. trascinerà questa gente alla guerra, questa gente non farà la guerra. Questa gente era il Governo e la classe dirigente, che bisognava incitare a volere la guerra, non semplicemente ad accettarla.
Fra lo scoppio della guerra in Europa e il maggio 1915, lHnterventdsnio as­sunse le proporzioni, gli aspetti di movimento di massa. Rimanevano nel campo neutrale solo i cattolici e i socialisti. Fra i primi, non ancora riuniti in partito, v'erano gruppi interventisti e ne fu esponente massimo Giuseppe Donati; ') la maggioranza, sia pur lentamente, si voltò verso l'intervento e, iniziata la guerra, quasi cercò di farsi perdonare il precedente atteggiamento. Per i socialisti ci volle la sferzata di Caporetto perché Filippo Turati constatasse che anche per loro la patria era il monte Grappa. Ma ricordiamo che socialista era Cesare Battisti.
Nel clima che si andava sempre più arroventando, aggiungeva calore l'af­fluire dei * disertori che a centinaia abbandonavano il territorio dell'impero austro-ungarico, i giuliani affluivano a Venezia, i trentini a Milano, e con spie­gabile impazienza avrebbero voluto affrettare gli eventi. Non mancarono roman­tici intendimenti di coloro cbe avrebbero voluto creare il casus belli, con scon­finamenti armati in Trentino e verso l'Isonzo. Furono formati in tempo: un disastro, disse Salandra, se qualcuno fosse avvenuto.
') Intervento di Novello Papafava al Congresso di Trento [diti oìt., p. 47).