Rassegna storica del Risorgimento
CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
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1973
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pagina
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117
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Libri e periodici
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porte eerto appartiene. Fatto questo che non deve mai essere dimenticato e che ve escritto a merito degli uomini del Risorgimento, i quali, in un'Europa dominala al momento della nostra unificazione dall'autocrazia, dall'assolutismo o dalla dittatura plebiscitaria, seppero dar vita ad un sistema parlamentane che, pur con tutte le sue deficienze ed incongruenze, rappresentava certo una scelta politica di alto valore civile. L'accusa alla Destra storica di non aver realizzato quegli istituii di democrazia partecì-pativa imitanti nel concetto ispirativo il self-government, anglosassone, sembra giustamente all'Aquaronc un non senso data le precarietà della situazione politica nazionale negli anni del compimento dell'unificazione ed il pericolo che lo Stato liberale avrebbe corso dando vite a forme decentrate di conduzione amministrativa nelle quali sicuramente le forze antirisorgimentalà avrebbero avuto la prevalenza. Infatti, già, nello scritto Accentramento e prefetti nei primi anni dell'Unità., edito nel 1967 ed ora ripubblicato hi questo volume, aveva sottolineato la necessità obiettiva della scelta accentrata compiuta dalla Destra storica a salvaguardia della nuova costruzione statale, scelta alla quale si giunse anche per fronteggiare d complessi problemi posti, dopo U 1860, da un Mezzogiorno socialmente frammentario ed eterogeneo e pò li tic amen le arretrato. Assurda sembra anche all'Aqu arene l'accusa frequentemente lanciata alla Destra storica di aver limitato, imitando peraltro l'esempio francese ed inglese, il diritto di voto ad una ristretta minoranza: che questa limitazione del suffragio non era soliamo la proiezione di un interesse conservativo della classe borghese ma sembrava chiaramente rispondere allo scopo primario della difesa dello Stato liberale contro chi poteva minarne -l'esistenza o, almeno, contestarne la legittimità.
Le critiche allo Stato risorgimentale ed alla classe politica che ne fu per lungo tempo l'artefice e la guida, tutte fondate sull'accusa di non aver compiuto quella classe una rivoluzione sociale che integrasse la rivoluzione nazionale rafforzandone le basi per rendere più stabile e durevole la struttura di quello Stato appaiono ad Aquarone chiaramente infondate: infatti la creazione nazionale fu stabile e duratura a dispetto di tutti coloro che per diversi anni, e addirittura per qualche decennio, andarono vaticinando il crollo totale a breve ecadenza della fragile struttura unitaria . Le sue leggi, oggi addirittura da taluno tacciate di estraneità allo spirito popolare ed alla tradizione nazionale, furono applicate ed ancor oggi sono in gran parte osservate; le sue istituzioni, sovente criticate da una certa storiografia per alcune loro qualità non condivise dalla coscienza politica odierna, ottennero quel sufficiente consenso che bastò a renderle operanti e vitali fino al fascismo talune, altre anche oltre. Fatti questi che accreditano certamente l'ipotesi di una rispondenza dello Stato liberale alle esigenze ed alle istanze espresse più o meno chiaramente da larghi stirati della società civile del tempo. Ma quando si vuole sostenere, Invece, analizzando il rifiuto di quello Stato da parte delle masse, o delle elassi subalterne o, meglio, di quelle forze sociali che si ritroveranno poi negli ideali e nelle formazioni dei movimenti socialisti e cattolici che il grado di consenso sul quale si fondava lo Stato non era troppo elevato, o era addirittura scarsissimo, e che la costruzione risorgimentale liberale si reggeva solo per l'appoggio di una minoranza borghese privilegiata, allora si viene a cadere in una palese contrai!dizione. Perché se dall'angolo visuale della storiografìa di tendenza, lo Stato liberale per la mancanza del consenso popolare ba finito con il generare il fa-seismo rivelandosi incapace di governare con i metodi ohe gli erano propri la società italiana o quanto meno rifiutando di aprirsi in senso democratico, è altresì vero che con il fascismo, sulla base di un confuso populismo nazionalista, si viene a realizzare quell'incontro tra masse popolari e Stato, la cui assenza costituisce agli occhi dei più accaniti critici della creazione risorgimentale la più grave delle colpe.
Di qui l'importanza dell'invito dell'autore a medicare sulle tappe della storia unitaria analizzando i fattori che hanno consentilo in quasi ogni aspetto dello vita nazionale la realizzazione di notevoli progressi, senza peraltro mai perdere di vista la particolare fragilità e debolezza della struttura economica e la presenza di un poco omogeneo tessuto politico e culturale. Elementi questi che non impedirono, però, la crescita e la tendenza al miglioramento della società italiana, soprattutto quando, dopo la non felice gestione del potere da parte della Sinistra e di Crispi, Giovanni Ci olititi