Rassegna storica del Risorgimento

CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
anno <1973>   pagina <120>
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Libri e periodici
tondi, inarrestabili inn termine curo, notoriamente, all'evo luzioiiihia Gioì il ti) prima di dirigerla a determinati obiettivi, è dote eminente della virtù politi dell'uomo di Drenerò, non sn può non riconoscere nel Salvatorelli una medesima disposisione intel­lettuale e cui turale dinanzi alle vicende del eoo tempo, ai rivolgimenti , com'egli dice con sfumatura lardoromanlica, vichianamentc catastrofica, che non sarebbe di­spiaciuta allo Cliabod, nel cui saccederà spesso vertiginoso, peraltro, l'irrazionale non ha luogo, e tout se tient sotto una logica Incida, che talora si ammanta di freddezza ili u minasti ra.
Questo della compresenza di un'impalcatura mentale energicamente razionalistica e di un pathos democratico tutto mazziniano costituisce uno degli aspetti più affasci­nanti della personalità del Salvatorelli, e pone un pò* per tutta la cultura storiografica nel nostro secolo certi temi che meriterebbero approfondimento (affinità e differenze quanto al mazzinianesimo ideale e politico, ad esempio, rispetto ad Omodeo, quanto all'europeismo ed alla idea d'Europa rispetto a Cliabod, nella comune significativa confluenza in une certa nuance del partito d'azione che è alle origini di buona parte delùa politica dell'Italia repubblicana, e così via).
Nondimeno, il pragmatismo è costantemente, gioliitiuuamcntc, privilegiato in Sal­vatorelli rispetto all'ideologia, e ciò lo contraddistingue esemplarmente da altri illustri superstiti della grande primavera intellettuale degli anni ottanta, da Missiroli, ad esem­pio, o da Prezzoline, per cui 1 mito, più o meno revisionista, il sorelismo, la filosofia bergsoniana, la saggezza giolittiana (e non il metodo giolittiaiio, che è tutt'allra cosa) sono realtà ben vive e presenti, a dominare e talora a riempire di contenuto, di si­gnificato, certi alambicchi della fantasmagoria contemporanea che ne apparirebbero più o meno completamente privi.
Salvatorelli è invece l'uomo dei tempi di Nixon e di Mao con disinvoltura, con naturalezza (anche tenendo fermissimo, com'è ovvio per il politico non meno che per l'inteJlettnale, a certi valori di civiltà democratica forse ancor più atlantica, alla Go-dechot, che europea, ed anche su questo ci sarebbe da studiare) talché la vocazione sua autentica, l'angolatura attraverso la quale intere generazioni d'Italiani hanno avver­tito la sua presenza pubblicistica e giornalistica (al di là della valutazione complessiva e non facile di un'opera strettamente storiografica eccezionalmente multiforme, valu­tazione che va differita nel tempo) sono senza dubbio quelle di una sorta di ministro degli Esteri dell'opinione pubblica 'nazionale, allo stesso modo che altra volta mi è ac­caduto di definire in Jemolo il genuino senatore a vita della nostra scombinata Italia repubblicana, l'uomo in grado d'interpretare le cose sacre e di pronunziare le grandi parole, per esprimerci crocianamente, in nome di tutta intera la società nazio­nale (questo, poi, dell'incontro-scontro tra Salvatorelli e Jemolo lungo un sessantennio di cultura politica italiana, da Italia Nostra alla Stampa, è un altro tema affascinante che vale la pena di non dimenticare).
In questo contesto si colloca l'opera recentissima e ponderoso, dì cui non è possi­bile, e forse nemmeno opportuno (non solo per l'ambito cronologico dilagante quasi interamente al di là dei limili tradizionali della rivista) fornire in questa sede se non un cenno estremamente sommario, nella avvertenza che si tratta di un lavoro di storia diplomatica pressoché classica, ma senza il tecnicismo frequentemente virtuosistico di opere siffatte, anzi una narrazione ampia, ariosa, che per accenni, per spunti, mostra tenacemente l'obiettivo implicito, che è quello di una storia generale, globale, attra­verso l'inquadramento internazionale (problema grosso di metodologia, naturalmente, in eoi comunque 11 contributo di Salvatorelli, effettuale più che programmatico, è dà primissimo piano).
Tale obiettivo è definito con chiarezza fin dalle primissime pagine, là dove si parla senza mezzi termini di crisi di civiltà per il mezzo secolo proso in esame, un pae­saggio sussu Iteri o da un'epoca al l'altra, di dimensioni senza precedenti, e di rapidità vorticosa, ma che richiama concimili catastrofi nella storia dell'umanità, senza che al fatalismo o all'occasione sia da attribuirai un ruolo sproporzionato ed estraneo ali ef­fettiva logicità dei fatti (una serie di errori, un insieme di condizioni, un peggioramento graduale dei rapporti, che esclude la colpevolezza ma non elimina la responsabilità).
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