Rassegna storica del Risorgimento
BANCA ROMANA STORIA 1889-1895; BANCHE
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1973
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428
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428 Raffaele Colapietra
Non poche delle prese di posizione negli uffici meritano rilievo, specie per la critica che gli stessi governativi rivolgono al progetto ministeriale, il meno peggio per Luigi Ferraci che sta per assumere il sottosegretariato agli Esteri (e ohe ammette, mirando a Nicolera, non esservi la forza politica di attuare una riforma più radicale dei banchi meridionali ), responsabile del mantenimento di una circolazione eccessiva e fittizia per Fortunato (altri meridionali, come Lucifero e Balenzano, si preoccupano soltanto della preponderanza della Banca Nazionale e vorrebbero un rinvio), accettabile soltanto perché non conduce alla banca unica e garantisce i banchi meridionali per Salandra (queste garanzie sono troppo poche per Vischi, Squitti, Serena, tutti meridionali che rimangono governativi purché si frapponga un vero e proprio sbarramento contro la nuova Banca d'Italia, mentre il privatismo tradizionale è rappresentato da Branca, Grasso, Grippo, che vedono l'ombra monopolistica della Banca Nazionale su tutto lo Stato).
In realtà, bisogna fare di necessità virtù , come affermano, con sintomatica concordia, nomini provenienti da opposti banchi e opposte regioni come Boselli e Di Biasio, e questo stato di necessità, mentre stimola l'invocazione al compromesso (il quasi monopolio dell'emissione sbandierato un pò* tendenziosamente da Fortis) riduce alla fase velleitaria lo statalismo di Attilio Luz-zato (che accetta la legge come una transazione) o le idee sulla banca unica di Ponti e Pinchia, sintomaticamente quel sorgente industrialismo a cui s'era rivolto Crispi sul cadere del 1890.
Queste idee vengono sostenute peraltro con gran forza in commissione da Sonnino, il quale supera il problema regionalistico del credito fondiario già agitato da Salandra per chiedere una banca unica, nuova, con capitale nuovo e circolazione limitata, una presa di distanza così dal pluralismo come dallo statalismo puri e semplici, che converte Ferrari, guadagna Vacchelli (gli zanar-delliani costituiscono la coscienza critica della maggioranza giolittiana), trascende gli steccati regionalistici in cui ancora Salandra e Daneo vorrebbero racchiudere i banchi meridionali per garantirne una sopravvivenza privilegiata, ancorché asfittica.
Ancora uno zanardelliano, ma stavolta meridionale, Cocco Ortu, è il difensore d'ufficio del progetto, su una professione di fede liberista e pluralista atta a rialzare la vecchia bandiera della Sinistra, che infatti isola Sonnino all'opposizione sulla linea tecnica dell'eccesso dì circolazione (cagionata peraltro dal governo, gli ricorda Cocco Ortu, in cui la corda politica batte sempre più vibratamente di quella dottrinaria).
Ammessa dunque la Banca d'Italia, e ritiratosi di fatto Sonnino dalla commissione dopo la caduta della sua pregiudiziale, il regionalismo s'insinua tra i governativi, Salandra che vuole mantenere l'emissione ai banchi meridionali e Daneo che vuole togliere questo dono fatale come avviamento alla banca unica, il presidente Boselli che se la cava filosoficamente ( I popoli si governano tenendo conto di tutte le tradizioni ed anche dei pregiudizi) unanime la commissione soltanto nel sottrarre alla Banca d'Italia e nell'affidare allo Stato la liquidazione della Banca Romana (le macerie di cui parlavano i son-niniani!).
Altra battaglia, anche qui schiettamente regionalistica, sui limiti della circolazione, Salandra per lo statua quo, Ferrari per la proporzionalità commerciale, ancora Salandra (che si tira dietro agevolmente la maggioranza della commissione) per il mantenimento della riscontrata, cho presuppone un coordì*