Rassegna storica del Risorgimento

BANCA ROMANA STORIA 1889-1895; BANCHE
anno <1973>   pagina <432>
immagine non disponibile

432 Raffaele Colapietra
polisti romani, il Narducci mercante di campagna, l'industria del ferro di Sini-gaglia, il pastificio di Pantanella ai Cerchi, i tre milioni di debito residuo del principe Torlonia per il prosciugamento del Fucino (un argomento che attende ancora di essere interamente studiato), il grosso patrimonio immobiliare del­l'ex sindaco Pianciani, a proposito del quale Monzilli disegna una colossale speculazione ( L'errore della banca è stato quello di non uscire da Roma egli scrive l'espansione avrebbe giovato mollo ai suoi interessi... Bisogna spio-gerla a questa espansione ).
Nondimeno, anche alle spalle delle rosee prospettive di Monzilli vi è un'ombra inesorabile, quella della crisi edilizia, a cui, a suo avviso, è da ripor­tarsi tutto il dissesto della Banca Romana, per aver patriotticamente impedito la catastrofe: La scarsezza di capitale in relazione all'impulso fortissimo che abbiamo impresso ad ogni ramo della nostra produzione scrive Monzilli, con parole anche qui troppo facilmente dimenticate, e con sullo sfondo il drastico soppiantamene operato dagli nomini d'affari sugli agricoltori rendeva, rende e renderà necessaria ancora per molti anni un'abbondanza di cambiali di co­modo, sia agrario, sia industriale.
Il capitolo dedicato nel terzo volume alla riforma bancaria si conclude quindi con la relazione ministeriale Lacava-Grimaldi (ma sostanzialmente Gio­liti], come s'è chiarito più volte) 22 marzo 1893, interessante soprattutto per la cronistoria delle vicende bancarie nell'ultimo decennio (spicca in questa croni­storia la data del giugno 1885 quale inizio della circolazione non coperta, pro­prio all'indomani delle convenzioni ferroviarie, seguita dall'autunno 1887 con le calamità della possidenza fondiaria e con la crisi edilizia ma anche con l'immobilizzazione di un capitale circolante cospicuo in alcune nuove grandi industrie metallurgiche e meccaniche donde di nuovo la necessità di un esame dei rapporti Miceli-Brin durante il primo ministero Crispi: ma spicca soprattutto la sconfessione esplicita e sistematica, tutta giolittiana, della poli­tica economica e finanziaria di Magiiani dopo l'atto coraggioso dell'aboli­zione del corso forzoso, senza, come al solito, che si tratteggi un'autentica inter­pretazione alternativa della crisi degli anni ottanta).
Aflp relazione ministeriale fa seguito quella Cocco Ortu di cui s'è già esa­minata l'elaborazione, anch'essa tipicamente giolittiana nel proposito dichiarato di rispettare lo stato di fatto, di perturbare quanto meno sia possibile, e com­patibilmente con l'interesse generale, la condizione di cose esistenti, nell'au­spicio di un'opera lenta di risanamento che cominci a realizzarsi (un tempe­ramento tra le vedute.di Salandra, quelle di Daneo e quelle più propriamente governative) con la subordinazione alla nuova Banca d'Italia da parte dei banchi meridionali, garantiti nella loro sopravvivenza, ed in grado di ritagliarsi fun­zioni e clientèle più o meno rigidamente regionalistiche.
Si tratta, conclude Cocco Orto, con parole che vanno anch'esse meditate (e che non a caso vennero pressoché del tutto a perdersi nella soluzione le­gislativa) di restaurare una politica bancaria che cessi di essere mia minaccia ed un perìcolo per le sorti del credito e dell'economia nazionale .
L'ultima parte del terzo volume e dell'opera complessiva raccoglie la se­zione, diciamo così, giudiziaria della vicenda bancaria inaugurata dall'ordinanza Capriolo 15 luglio 1893 per l'istruttoria del processo sulla Banca Romana, in cui spicca una frase ( È certo ohe tutto rimase sepolto nel silenzio ) che sembra la sintesi delle conclusioni a cui stavano contemporaneamente pervenendo i Sette, e che avrebbero tratto a rovina il primo ministero Giolitii.