Rassegna storica del Risorgimento

BANCA ROMANA STORIA 1889-1895; BANCHE
anno <1973>   pagina <433>
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A ottantanni dalla Banca Romana
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Appunto nella relazione dei Sette ci imbattiamo di lì a poche pagine, occu­pate, queste ultime, dalla relazione di Gaspare Finali, penetrante nell'ironizzare sull'applicazione del liberismo più ortodosso a banche privilegiate di emissione, molto polemica nello stigmatizzare la connessione tra credito fondiario ed emis­sione, e soprattutto nel raccomandare la rigorosa osservanza dell'eventuale legge riformatrice, con una stoccata ennesima alT allegria non solo finanziaria di Magliani, che trovava in Giolitti la più simpatica delle rispondenze.
In sostanza, peraltro, le relazioni confermano una notevole indipendenza lidi confronti del potere esecutivo, sicché, ad esempio, non sarebbe agevole ram­mentarsi del vecchio crispismo del Mordini nella definizione degli istituti d'emis­sione come vigna vendemmiabile in ogni stagione a causa di un moto feb­brile e quasi vertiginoso , di una speculazione morbosa , le cui massime responsabilità politiche vengono fatte ricadere espressamente sulle spalle del governo, e dunque personalmente di Francesco Cri spi.
Un rilievo analogo non può farsi per il termine a quo che viene assunto dai Sette per lo svolgimento della loro inchiesta, quel recentissimo 1886, mala­mente giustificato col pretesto delle elezioni generali, e che giova in realtà a mettere una pietra sopra indiscriminatamente su tutto il trasformismo (e perciò su Grimaldi non meno che su Magliani) e ad inglobare viceversa altrettanto in* tegralmente tutto Crispi, quell'impostazione polemica ad personam che andava precisandosi nella politica di Giolitti, e che è gran merito dell'A. aver tenuto fermo e documentato irrefutabilmente.
Uno sviluppo nel senso indicato più volte merita viceversa l'accenno di Mordini ad una sorta di epurazione da portarsi avanti nel personale del mini-stero dell'Agricoltura (una centrale affaristica che dai calabresi all'abruzzese Nolli presenta grossi risvolti di politica clientelare nel Mezzogiorno, con sullo sfondo Nicotera, ma non soltanto lui) mentre (questa alternanza continua di ombre e di luci è tipica di una classe politica in burrascosa trasformazione come quella post-risorgimentale) non è chiaramente da prendersi sul serio la raffigu­razione grottesca di Tanlongo quasi avente << il potere d'illudere tutti quelli che lo avvicinavano né quella assai più drammatica di Luzzatti ministro del Te­soro, che impone in Senato silenzio all'Alvisi perché ignaro della verità.
Giolitti, com'è noto, fu travolto dalla botta finale del disconoscimento dei risultati dell'ispezione Biagini in occasione della nomina di Tanlongo a sena­tore, ma, ancora una volta con un singolare irrigidimento di giudizio, la deplo­razione per il silenzio serbato in proposito si estende imparzialmente, ed anche molto severamente, non meno a lui che a Crìspi ed a Miceli, per non parlare del ministero Rudinì, donde la sensazione violenta d'una chiamata in corre­sponsabilità per tutta la classe dirigente, che spinse la Camera all'insurrezione contro Giolitti (ed Umberto, nota opportunamente l'A-, alla freddezza sprez­zante verso di lui per essersi fatto sorprendere e travolgere, quantunque evi-dentementc l'iter dal ministero di Corte a Charlottemburg sia più tortuoso e scabroso).
Una breve parentesi tecnica s'introduce a questo punto nel contesto giu­diziario della sezione per documentarci sulla liquidazione della Banca Ro­mana (interessanti i rapporti con la metallurgia, l'Immobiliare, il mondo gior­nalistico della Tribuna e del principe Sciarra, ma soprattutto con la grande pro­prietà fondiaria urbana e dell'Agro, Villa Ada e Manziana, ad esempio, nella cui prospettiva non possiamo non vedere Casa Reale ed i Ti noni, tutt'altro che assenti, com'è noto, a palazzo Lanceliotii) e per enumerare le numerose ed ini-
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