Rassegna storica del Risorgimento

ARCHIVIO DI STATO DI PERUGIA FONDO DANZETTA; DANZETTA (FAMIGLIA
anno <1973>   pagina <440>
immagine non disponibile

440
Claudia Minciotti
amico dì famiglia, il canonico Oddone degli Oddi {Lettere diverse, B. senza indicazione), si resta nel campo delle ipotesi, e la più probabile è quella cbe egli abbia continuato a frequentare ambienti sospetti. Ad Oddone degli Oddi Giacomo affida il compilo di assistere il fratello e di sollecitarne il processo; così, attra­verso la fitta corrispondenza tra i due, si viene a conoscenza di particolari riguar­danti la prigionia del Danzetta nelle Carceri nnove di Roma, accenni alla sua salute ed alle sue condizioni psicologiche, rapide impressioni sull'atteggiamento dei ministri e della Consulta di Stato nei suoi riguardi. Confinato in una segreta dei sotterranei, Fabio si lascia travolgere da una profonda crisi spirituale; le sue lettere testimoniano in maniera sempre più, palese la sua stanchezza, la delusione crescente, la paura di essersi irrimediabilmente compromesso, ma anche una insofferenza ed una rabbia malcelate. Ad Oddone si affianca, nella difesa di Fabio, anche l'avv. A. Brizi, ex-giacobino tornato libero il 21 ottobre 1800. Dopo una lunga serie di notizie contrastanti, di illusioni e delusioni, la situazione precipita: Fabio è condannato alla fortezza... per un tempo indefinito (lettera di A. Brizi a Giacomo, 30 maggio 1801). Unica speranza rimasta è quella di veder procrastinata l'esecuzione della condanna, cosa che spinge il Brizi a nuovi tentativi ed interventi, finché la pena non viene commutata nel bando dallo Stato.
Ha inizio per Fabio un lungo esilio. Le notizie dei Buoi spostamenti sono contenute in numerose lettere inviate al fratello (Lettere diverse, B. 15), ma la documentazione è priva d'importanza da un punto di vista politico: sappiamo solo che egli viaggia in continuazione attraverso tutta l'Italia centro-settentrionale. L'unica cosa che sembra preoccuparlo è la questione finanziaria, causa di fre­quenti e pressanti richieste di danaro al fratello. Trapela inoltre anche una no­stalgia non facilmente dissimulata per la propria casa e le proprie terre (Lettere per nominativi. B. 28, Lettere di Fabio Danzetta al suo amministratore Carlo T'assetti.). Fallito ogni tentativo di ottenere la grazia, egli stabilisce la sua sede in Milano; le lettere inviate alla famiglia dal 1804 al 1809 forniscono un quadro rapido ed esteriore del mondo che lo circonda, come se Fabio incontrasse diffi­coltà ad aprirsi liberamente con Giacomo, cosi estraneo alle sue idee, a parlargli dei propri interessi, delle proprie amicizie, delle proprie esperienze. Quando scoppia, lungamente preparato, il conflitto tra Napoleone e Pio Vii, gli eventi che gli fanno intravedere prossimo il crollo dello Stato pontificio lo spingono ad avvicinarsi a casa; trasferitosi a Livorno e quindi a Firenze nel corso del 1808, il 21 dicembre dello stesso anno ritorna a Roma, dopo otto anni di esilio, restan­dovi per tutto il 1809.
Caduto drammaticamente il governo temporale del papa con la deportazione del pontefice a Savona, egli fa ritorno a Perugia; il soggiorno nella sua città è però di breve durata, in quanto nel dicembre 1809 si trova già a Spoleto in qua­lità di consigliere di prefettura. La nuova situazione politica lo riporta ad una posizione di primo piano e l'antico giacobino , come tanti altri, non ha diffi­coltà ad inserirsi nei nuovi quadri napoleonici. La sua attività è documentata da una grande quantità di carte, contenute nella Parte amministrati/va (B. 11, II, Copie di decreti e rapporti della Prefettura dì Spoleto dal 1810 al 1813; B. 11, V. Carte scritte dal barone Fabio Danzetta dal 1808 al 1813; B. 34, I, Lettere d'uf­ficio appartenenti a Fabio Danzetta, consigliere di Prefettura a Spoleto), e* so­prattutto, dalla corrispondenza tenuta con il conte Giulio Cesarei, eletto sindaco di Perugia (Lettere diverse, B. 21 e B. 22), e con il fratello Giacomo (Lettere diverse, B. 15). Dalla Iattura di tali documenti scaturisce, molto viva, la pole­mica sorta in seguito alla decisione della Confluita di far capoluogo del Dipartir