Rassegna storica del Risorgimento

ARCHIVIO DI STATO DI PERUGIA FONDO DANZETTA; DANZETTA (FAMIGLIA
anno <1973>   pagina <470>
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rare del lullo) non può non essere Alessandro Bossi, che attraversa tulio il trentennio qui preso in esame, eoa in testa la designazione austriaca alla Camera viennese, una sorta d'investitura economicistica che sembra anch'essa presupporre un certo tipo di svolgimento che l'A. non crede opportuno condurre avanti, quantunque il fratello del­l'industriale, don Giovanni, un prete, un uomo del Quarantotto (come don Giuseppe Fogazzaro) sia lì a suggerire e quasi ad imporre quest'avvicendamento di prospettiva che dal clero rosminiano conduce all'alta borghesia cattolica, in una involuzione ideo­logica che e anche una promozione economica.
In verità l'A. prende le mosse proprio da un estremo documento dell'untitempo-ralismo rosminiano, l'opuscolo gennaio 1860 del canonico Alessandro Schiavo, che precede di oltre due anni il consimile e ben più famoso scritto di don Angelo Volpe, ma esso rimane fino a se stesso, senza che se ne vedano la filiazione e gli intrecci nel campo moderato rattolicheggiante, al di là delle folgori degli intransigenti (lo stec­cato rimane un metodo d'indagine se altri mai sconsigliabile a Vicenza, dove la tra­dizione progressista e democratica è debolissima, e dove la difficoltà consiste tutta nel precisare e documentare le nuances all'interno di un mondo sostanzialmente omogeneo).
Parimenti l'estremismo antitemporalista dei Malucelli e dei Marini a Bassano non viene a sufficienza inquadrato nelle inquietudini riformistiche dell'epoca, nelle contaminazioni dericoradicaleggianti così frequenti all'ombra di Garibaldi, nella sto­ria del costume e della cultura, insomma, se non del tutto in quella della politica, quantunque l'ortodossia inf al libilista e mariologica di questi esaltati sembri ancora una volta sottolineare con forza la sfasatura tra un ideologismo cattolico so­stanzialmente tradizionalistico ed un liberalismo che si adatta piuttosto disinvolta­mente ai tempi, a prescindere dalle grandi lezioni senza ritorno di Bosmini e del Quarantotto,
L'uomo dell'annessione è a Vicenza il Mordini. l'uomo politico che Scirocco ha di recente così acutamente ricostruito e seguito nell'iter legalitario che lo condurrà due anni più tardi a Menabrea, ma che qui è poco più di un nome, annessionista ed anticlericale in senso genetico, sebbene, ancora per l'ennesima volta, certi incontri, certe collaborazioni, Tecchio, Lioy, suggeriscano problemi di progressismo e d'istru­zione buca alla veneta che l'A. intravede qua e là, ma che evita di affrontare, in una sorta di volontario e deplorevole rattrappimento di una storia che intende essere e serbarsi ostinatamente provinciale malgrado tutte le possibili suggestioni in contra­rio, non diciamo quanto all'orientamento politico generale di deputati magari scarsa­mente rappresentativi degli umori elettorali (ma 1 contributo giuridico di un Anto* nibon e costituzionalistico di un Brunialti, o l'evoluzione al radicalismo possibilista di un Vendramini non possono passarsi sotto silenzio!) ma anche per episodi locali, Alfredo Comandi ni che dirige il Paese a Bassano (in quell'ambiente ecclesiastico!) all'indomani dell'avvento della Sinistra, il circolo operaio di Schio ed ài socialismo del Visentin, fenomeni circoscritti, magari, di non grande risonanza nella pubblica opi­nione, ma che costituiscono, nel loro stesso fallimento o scarso successo, l'integrazione indispensabile all'analisi del Berico e della Riscossa, cioè di certi presupposti e di certe prospettive della stampa intransigente cattolica.
Lo popolamento della montagna per un fenomeno di migrazione interna provin­ciale (e di concentrazione operaia) assai interessante in quanto non scompagnato dalla consueta emigrazione transoceanica della pianura agricola (dunque risultati essenzial­mente di urbanesimo, che nel Veneto interrompono una tradizione plurisecolare) si somma al l'uni fi razione indiscriminata, particolarmente avvertita nel Veneto sul piano finanziario, a determinare a Vicenza una situazione delicata sullo scorcio degli anni settanta, non tanto magari l'incameramento dei beni ecclesiastici, che rispecchia una situazione diffusa su piano nazionale (ma l'A. avrebbe fatto bene a ricercare come si siano comportati in proposito i moderati cattolici dell'aristocrazia terriera!) ma soprat­tutto il problèma scolastico, dove la libertà della Chiesa fa un pò* da pietra di para­gone per l'evolversi di tutto uno stalo di COBO (ma l'istituto industriale fondato da Alessandro Bossi significa pur qualcosa, ancorché l'A. si limiti a nominarlo!) fino a quel tema delle guarentigie al pontefice, su cui Lampertico, Zanella, don Fogazzaro,